Critica
The Most Beautiful Day è una commedia ben scritta ed interpretata, certamente il tema principale è stato trattato numerose volte nella letteratura e nel cinema ma rimane in ogni caso un argomento difficile da gestire sul grande schermo e Florian David Fitz riesce a conciliare tragedia e commedia nei tempi e nelle dosi giuste.
La pellicola non esce mai fuori dalle righe, non si lascia andare a battute banali o volgari – come purtroppo succede sempre più spesso nelle commedie italiane – e si apprezza la volontà di non sbeffeggiare la malattia, anzi di prendere le cose tanto seriamente da averne piena consapevolezza.
La dura realtà della morte, che come scrive lo stesso regista nelle note “E’ una delle cose più naturali del mondo” è l’espediente per tirare fuori dai personaggi le loro verità più intime, lasciandosi andare ad una nuova amicizia senza le ordinarie inibizioni che condizionano la vita di tutti i giorni.
Campione d’incassi in patria, con oltre 15 milioni di euro, The Most Beautiful Day con la sua trama, il ribaltamento dei punti di vista (dal malato verso lo spettatore), il cambiamento dello scenario dalla fredda Germania alle calde spiagge africane e il viaggio on the road alla ricerca della felicità offre un nuovo punto di vista sul cinema tedesco.
Forte di una grande tradizione cinematografica legata soprattutto all’estetica, oggi il cinema tedesco delle nuove generazioni, cresciute con la caduta del muro e l’influenza della cultura europea, è pronto a raccontare temi controversi anche con il linguaggio della commedia, prendendo spunto da quella che è la consuetudine francese.
Utilizzando un linguaggio fresco e ironico come in Vi Presento Toni Erdmann di Maren Ade o in Goodbye Berlin di Fatih Akim i cineasti tedeschi non smettono di sorprenderci riuscendo sempre meglio a trattare argomenti delicati e controversi con il linguaggio della commedia, avvalendosi di un punto di vista meno influenzato dalla politica, dalla religione o dal buonismo.
Valeria Ponte, anonimicinefili.it