Critica
Cinquant'anni dopo, nell'edizione della pandemia, Roberto Naccari, già direttore organizzativo del festival, invita Mellara e Rossi (God Save the Green, Vivere, che rischio), documentaristi di area bolognese e habituées del festival, a tracciare un consuntivo di quest'esperienza unica, mettendo a loro disposizione gli archivi video della manifestazione. L'impresa è temibile, per la natura della forma teatrale, unica e non replicabile, per i noti effetti di inafferrabilità e distanza spettatoriale dal teatro al cinema, per quel paradosso per cui l'arte performativa più fisica è al tempo stesso la più difficile da filmare e comunque massimamente effimera. Il risultato è qualcosa di molto lontano da una sintesi apologetica e di più vicino a un asciutto florilegio di forme molto differenti, che inevitabilmente porta a un confronto implacabile con i cambiamenti culturali nel Paese e il presente e a una riflessione su quel quid che l'esperienza del teatro risveglia e lascia in chi lo vive. Vengono interpellati i direttori delle diverse fasi (dopo Patino, nell'ordine, Roberto Bacci, Antonio Attisani, Ferruccio Merisi, Leo De Berardinis, Silvio Castiglioni e Massimo Marino, Olivier Bouin, Chiara Guidi, Enrico Casagrande, Ermanno Montanari, Silvia Bottiroli, fino a Eva Neklyaeva con Lisa Gilardino e ai Motus, direttori dell'edizione 50, rinviata al 2021) e la pertinenza degli interventi dimostra la competenza e la ricerca di senso degli autori, alle prese con materiali (e formati) molto eterogenei, integrati da contributi di Teche Rai, Home Movies e Cineteca di Bologna. A questa "Woodstock del teatro" (Bacci) d'innegabile ricchezza documentale e levità di tocco, hanno partecipato tanti e tali rappresentanti delle scene al punto che è difficile anche elencarle in questa sede: solo per citarne alcuni, Leo De Bernardinis, diversi esponenti del "Terzo teatro" scaturiti dal manifesto di Eugenio Barba, come il Living Theatre, il Teatro delle Albe di Ermanno Montanari e Marco Martinelli, il Teatro dell'Elfo, Dario Fo e Franca Rame, Elio De Capitani, Claudio Morganti (già "predicatore" del film di Mellara e Rossi del 2002 Fortezza Bastiani), il Teatro dei pupi di Mimmo Cuticchio, Jerzy Grotowski, i Magazzini Criminali, i Teatri Uniti nel frammento Appunti da Santarcangelo di Mario Martone (con Toni Servillo, Iaia Forte, Andrea Renzi, Enzo Moscato). Linguaggi compositi, dalla danza alla performance, fino al video e alla VR, condensati in lampi di spettacoli. Ma con in comune l'utopia di una libertà nella condivisione, e di un "esserci" per affermare uno spazio politico, un presidio di diversità, un'occasione di crisi, nel più fecondo dei suoi significati. Appropriatissimi i versi riportati di Bello mondo di Mariangela Gualtieri, fondatrice negli anni Ottanta con Cesare Ronconi del Teatro Valdoca e tra i protagonisti di questa grande festa partecipata della cultura: "ringraziare desidero / per tutti quelli che sono piccoli, limpidi e liberi / per l'antica arte del teatro / quando ancora raduna i vivi e li nutre".
Raffaella Giancristofaro, MyMovies