A fabrica de nada - Cineclub Arsenale APS

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A FABRICA DE NADA

di Pedro Pinho

Durata: 178'
Luogo, Anno: Portogallo, 2017
Cast: José Smith Vargas, Carla Galvão, Daniele Incalcaterra


Sinossi

lavorano ha organizzato il furto dei macchinari. Capendo che si tratta di un inequivocabile segno dell'imminente fallimento della ditta, alcuni di loro rifiutano la buona uscita e occupano la fabbrica. Con loro grande sorpresa, però, i dirigenti spariscono nel nulla, lasciandoli soli a decidere come gestire una fabbrica mezza vuota, in un mondo dove la crisi sta riscrivendo le regole dell'economia del lavoro.


Critica

È un’opera stratificata e complessa, A fábrica de nada, che ha attirato su di sé l’attenzione dei cinefili proprio mentre il festival di Cannes andava scemando, muovendosi verso la conclusione. Ospite della Quinzaine des réalisateurs, A fábrica de nada conferma e ribadisce il valore di una selezione che ha rappresentato il polmone verde di un’edizione nel complesso in tono palesemente minore. Non è un film facile da affrontare, A fábrica de nada, e sembra anche esistere in un tempo tutto suo, staccato da ogni moda e da ogni prassi contemporanea. Si dipana lungo tre ore, e sceglie apertamente un territorio ibrido nel quale muoversi: tra agit prop e documentario, dramma collettivo e istanze individuali, impianto profondamente realista ed elogio sperticato della finzione, della riscrittura, dell’elaborazione del vero.

A sorprendere in maniera particolare è la giovane età del regista, Pedro Pinho, qui all’opera d’esordio, non tanto per il tema scelto ma per la maturità dialettica, la volontà di affrontare i molti concetti che sviscera nella forma dubitativa, pur partendo da una base chiara e priva di compromessi. Nella continua (d)evoluzione del capitalismo l’umano è stato progressivamente messo da parte, con le classi proletarie e sottoproletarie ridotte a nuove forme di schiavitù, private dei diritti acquisiti nel corso di decenni e secoli. Questo processo ha portato alla frantumazione del rapporto tra Stato e cittadino, al dissolvimento del concetto di welfare e, per quanto concerne gli assetti industriali, alla cosiddetta delocalizzazione, che ha portato a licenziamenti di massa aumentando a dismisura il dislivello sociale.

Raffaele Meale, quinlan.it