Accattone - Cineclub Arsenale APS

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ACCATTONE

di Pier Paolo Pasolini

Durata: 116'
Luogo, Anno: Italia, 1961
Cast: Franco Citti, Franca Pasut, Adriana Asti, Silvana Corsini, Paola Guidi, Sergio Citti


Sinossi

"Accattone" è un "ragazzo di vita": ladro, teppista, magnaccia (quando può) ma un giorno si invaghisce della ragazza che intendeva derubare. Per lei si mette alla ricerca di un lavoro, ma la fatica lo stronca. Ritorna a rubare. Razzia un camion, ma la polizia gli è alle costole. Accattone fugge ma muore durante l'inseguimento. Prima prova registica di Pier Paolo Pasolini, lo scrittore, a quell'epoca, non aveva ancora quarant'anni ma era già molto noto, per i volumi di poesie, i racconti e le sceneggiature dei film di Fellini e Bolognini. Era anche tra i personaggi "pubblici" uno dei più vituperati d'Italia. Cosicché gli avversari politici liquidarono Accattone come una semplice rimasticatura delle sue cose precedenti. In realtà, al di là di uno stile ancora esitante, il film aveva una sua forza, una sofferenza che ne hanno fatto una delle opere più rappresentative degli anni Sessanta (non solo del cinema italiano).


Critica

Dopo due romanzi ambientati nelle borgate romane, Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959), Pier Paolo Pasolini iniziò a lavorare a un terzo, Il Rio della Grana, ma lo lasciò incompiuto e preferì continuare a raccontare quel mondo con il cinema. Esordì nella regia con un film incentrato (come il secondo romanzo) su una storia individuale ma dove alla dimensione di bildungsroman che caratterizzava i due libri, subentrò la narrazione dell’oscuro malessere di vivere che segna come un destino tragico un ‘ultimo uomo’, Vittorio detto Accattone, un lenone privo della volontà e del cinismo di esserlo fino in fondo. La diversità di Accattone rispetto agli altri papponi di borgata è descritta da Pasolini senza idealizzare il suo personaggio ma lasciandogli tutte le sue contraddizioni più stridenti e inconciliabili, nel quadro calcificato e bruciato dal sole di una borgata chiusa come un carcere. La fotografia di Tonino Delli Colli, che seguì fedelmente le intenzioni del regista debuttante, ha un bianco e nero fortemente contrastato che imprime al film una dimensione funebre, particolarmente evidente nella bellissima sequenza del sogno dove Accattone immagina di assistere al proprio funerale e chiede al becchino di farsi scavare la fossa al sole. L’inconscia corsa del protagonista verso la morte è continuamente prefigurata da episodi anticipatori (un pericoloso tuffo nel Tevere, uno svenimento all’osteria, tre violente scene di lotta, un pestaggio, l’immersione del volto fradicio nella sabbia, che lo trasforma in una maschera mortuaria etc.) e assurge a paradossale, trasgressiva via crucis laica, sottolineata dall’uso di una musica sacra (la Passione secondo Matteo di Bach). Fin dal primo film, Pasolini mescolò fra loro interpreti presi dalla strada (come l’esordiente Franco Citti) a professionisti (Adriana Asti) ma nel doppiaggio del protagonista ricorse all’attore Paolo Ferrari. Accattone avrebbe dovuto essere prodotto dalla Federiz, la società di Rizzoli e Fellini, ma i provini furono giudicati insoddisfacenti e subentrò il giovane e (allora) audace Alfredo Bini. Questi organizzò un dibattito alla mostra di Venezia, coinvolgendo molti scrittori importanti e poi una serata contro la censura (cui partecipò anche Fellini) quando il ministero cercò di boicottare e danneggiare il film prorogando strategicamente ogni decisione sul nullaosta.

Roberto Chiesi