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AWAY

di Gints Zilbalodis

Durata: 75'
Luogo, Anno: Lettonia, 2019
Cast:


Sinossi

Dopo un disastro aereo, un ragazzino si risveglia sospeso su un paracadute appeso a un albero, nel bel mezzo di un paesaggio selvaggio. Scopre quindi una terra sconosciuta ed esotica, ma viene inseguito da un inquietante umanoide gigante. Accompagnato da un uccellino giallo, parte alla ricerca di una via di casa.


Critica

 Il primo lungometraggio di Gints Zilbalodis, totalmente autoprodotto, indica già una precisa visione del cinema di animazione.  Il successo di critica ottenuto, a partire dal Festival di Cannes, dal suo secondo lungometraggio Flow - Un mondo da salvare ha fatto sì che trovasse una distribuzione anche l'opera prima di Zilbalodis che risale al 2019. La decisione è meritoria perché consente di comprendere come questo regista (all'epoca dell'uscita venticinquenne) avesse ben chiaro quali mondi poetici intendesse esplorare e cosa pensasse della vera autonomia creativa. Soggetto e sceneggiatura gli appartengono così come la decisione di utilizzare il software Maya che consente di realizzare un film con un budget microscopico (con un piccolo aiuto proveniente dallo Stato) potendovi esprimere in totale libertà il proprio mondo interiore.  La tecnica d'animazione è essenziale. Non ci sono ombre. I personaggi spesso scivolano sul terreno che praticamente non toccano. Siamo cioè distanti anni luce da Pixar and company. Ma questo non inficia la tenuta complessiva perché in ognuno dei quattro capitoli in cui è suddivisa la vicenda si avverte la necessità di narrare un mondo e una realtà che si potrebbero definire sospesi così come il protagonista nella prima inquadratura. Non ci sono parole in questo film. Solo musica e suoni e questa scelta serve a rarefare ancora di più un on the road immerso nella Natura.  Il protagonista smarrito e impegnato nel raggiungere una meta viene seguito da un uccellino che, come lui, sta cercando di imparare a sopravvivere. Intorno a loro troviamo animali che paiono indifferenti a quanto sta accadendo. Passando sotto archi diversi, affrontando un ponte sospeso ed altri pericoli, il ragazzo sta sfuggendo sia al ricordo del disastro aereo da cui si è salvato sia ad un enorme gigante nero fatto di materia fluida che lo segue a distanza. Si tratta di una figura simbolica a cui lo spettatore può attribuire un significato che va dal senso di colpa per essere sopravvissuto al timore di non riuscire a raggiungere un luogo in cui fermarsi in sicurezza.  Tra geyser che eruttano e slavine che incombono, il viaggio si compie conservando una compattezza narrativa che, proprio perché estremamente distante dai modelli a cui si è abituati, ha un fascino che il secondo e più complesso film del regista ha ulteriormente messo a fuoco.

Giancarlo Zappoli, MyMovies.it