Che l’argentino - Cineclub Arsenale APS

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CHE L’ARGENTINO

di Steven Soderbergh

Durata: 131'
Luogo, Anno: USA/Francia, 2009
Cast: Benicio Del Toro, Demian Bichir, Jorge Perugorría


Sinossi

Cuba, anni '50. Il Generale Fulgencio Batista mette in atto un colpo di stato, assume il controllo della presidenza e sospende le libere elezioni ma un giovane avvocato, Fidel Castro, incita il popolo alla rivolta. Al suo fianco ci sarà anche un medico argentino, Ernesto 'Che' Guevara, destinato a diventare un eroe rivoluzionario, beniamino dei suoi compagni e del popolo cubano.


Critica

Per questa prima parte dell'ambizioso progetto di Che, che sintetizza in due ore la trasformazione di Ernesto Guevara da giovane medico idealista in uno leader carismatici della rivoluzione cubana, Steven Soderbergh si è basato esplicitamente sul “Diario della rivoluzione cubana”, noto anche come “Sulla Sierra con Fidel”. Sottolineatura questa importante perché aiuta da subito a comprendere lo spirito dell’iniziativa del regista americano e il taglio che si è voluto dare al film: come gli scritti di Guevara, infatti, Che – L’Argentino è un film che solo in apparenza lavora cronachisticamente sugli eventi della Rivoluzione Cubana e sulle modalità della guerriglia, ma che invece mira a scandagliare stati d’animo, idee, ideali, psicologie, rifuggendo dalle durezze ideologico-politiche.

Lontano dall’appiattirsi sulla forma forse anche anacronistica di pamphlet politico o ancor di più dall’essere l’ennesimo prodotto-santino che usa e abusa dell’immagine fisica ed ideologica di Guevara, quello di Soderbergh è un film che si aggrappa tanto ai gesti quanto ai silenzi di un protagonista carismatico e sfaccettato, capace di situarsi allo stesso tempo tangenzialmente eppure al centro della narrazione. Grazie ad una performance magistrale – trattenuta, ma carica di passione e sofferenza – di Benicio del Toro (che purtroppo verrà drasticamente limitata nella sua potente efficacia dal doppiaggio italiano), Ernesto Guevara si rivela in tutto il suo carisma, ma anche tutto il suo mistero, la sua complessità. In una parola la sua totale e profonda umanità. Il ritratto che esce dal film è quello di un uomo fiero e timido, coraggioso e umile, determinato ma mai monolitico e dogmatico. E soprattutto presentissimo a sé e agli altri ma allo stesso tempo costantemente teso - quasi distratto - verso un orizzonte altro, ampio, interiore e ideale anche nel bel mezzo della concretissima guerriglia cubana. Ed è questa condizione misteriosa, magnetica e metafisica che Soderbergh e del Toro riescono a trasmettere con efficacia allo spettatore.

Federico Gironi, comingsoon.it