F come falso - Cineclub Arsenale APS

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F COME FALSO

di Orson Welles

Durata: 100'
Luogo, Anno: Francia, 1973
Cast: Orson Welles, Oja Kodar, Joseph Cotten


Sinossi

All'inizio Orson Welles fa giochi di prestigio in una stazione. Sopraggiunge Oja Kodar (l' ultima compagna di vita del regista), che promette alla troupe di raccontare la propria storia. Anche Welles si impegna a dire la verità nel corso della prossima ora. Da qui inizia una narrazione che si snoda presentando vari personaggi, in un complesso incastro, elegante e raffinato, di apparenti verità e di sofisticate bugie. Il film, al di là della sua apparenza totalmente ludica, diventa un'interessante e corposa metafora dell'arte come manipolazione della realtà, e del cinema come strumento principe di questa manipolazione per la creazione di illusioni a uso dello spettatore.


Critica

L'inchiesta sul falsario ungherese Elmyr de Hory, specializzato in dipinti postimpressionisti, si intreccia con quella su Clifford Irving (il giornalista che sosteneva di aver incontrato Howard Hughes e di essere entrato in possesso della sua autobiografia) e diventa una riflessione più generale sul ruolo dell'arte e sui suoi rapporti con la realtà condotta da Welles in prima persona rievocando la propria carriera. Pensato a partire da un documentario incompiuto di François Reichenbach sui falsari, il film è un brillantissimo, ma disilluso, testamento sull'inutilità dell'arte, a cui non sembra disposto a concedere alcuna funzione sociale, storica o culturale. Da questa riflessione «verbosa, narcisistica, incontinente, ma affascinante» sui rapporti tra arte e vita Welles esce come un abilissimo falsario che paragona il cinema a «un gioco di furbi castelli e specchi e rimandi»: come dice lui stesso, «la mia carriera è cominciata con un falso, l'invasione dei marziani. Avrei dovuto andare in prigione. Non devo lamentarmi: sono finito a Hollywood!». Il montaggio pirotecnico poi (foto fisse, disegni, immagini di repertorio, riprese documentarie: comunque materiali “poveri”), ingigantisce e aumenta gli aspetti di struggente, autobiografica malinconia del film, ennesima dichiarazione di sconfitta di un regista che sembra divertirsi a prendere le distanze dalla propria opera e da se stesso.

Paolo Mereghetti, Dizionario dei film