Giorno di festa - Cineclub Arsenale APS

loading...

GIORNO DI FESTA

di Jacques Tati

Durata: 70'
Luogo, Anno: Francia, 1949
Cast: Jacques Tati, Guy Decomble, Paul Frankeur, Santa Relli


Sinossi

In un piccolo centro della provincia francese sta per avere inizio la tradizionale festa che coinvolge tutta la popolazione. Si innalza il pennone sui issare la bandiera ed arrivano la giostra e qualche altra attrazione. Di queste fa parte un tendone in cui si proietta un documentario sulla straordinaria efficienza e velocità della consegna della posta negli Stati Uniti. Il portalettere François ne viene particolarmente colpito e cerca di mettersi al passo con i tempi.


Critica

Il titolo stesso è in sé una metafora della Liberazione - non dimentichiamo che il film fu girato tre anni dopo - dell'euforia e delle celebrazioni che suscitò in tutta la Francia. La lunga scena dell'innalzamento di un palo con il drappo tricolore ha un'innegabile valore simbolico. [...]Per sottolineare ancora la metafora, trovo assai pertinente un'osservazione di Sophie Tatischeff [figlia di Jacques Tati] sulla somiglianza del postino con il generale De Gaulle nella scena in cui, visto in primo piano di spalle, saluta dal balcone del caffé la fanfara che arriva nella piazza del paese. Non è così incongruo se si pensa all'alta taglia, all'uniforme, al képi del personaggio... Nello stesso ordine di idee si potrebbero assimilare le prodezze fisiche (Jour de fête è senza dubbio il più fisico e keatoniano dei film di Tati) del postino che cerca di rivaleggiare con la posta americana, agli sforzi di De Gaulle per preservare l'identità, la grandeur della Francia di fronte all'egemonia americana del dopoguerra in Europa. Ma questo paragone non spiega certo tutto il film...La specificità di Jour de fête risiede prima di tutto nella sua armonia generale e nela fluidità che il tragitto del postino con la bicicletta imprime al suo svolgimento. Armonia visiva, innanzitutto, quella di un paesaggio [...] che apre e chiude il film, dove si iscrivono una ad una le case del paese, poi le fiere e gli abitanti. È la Francia del passato, che Tati contrapporrà nettamente, in Mon oncle, al mondo moderno, duro e ermetico; un mondo che invaderà tutto lo spazio in Playtime. Ma in Jour de fête non c'è nessuna dicotomia: le fiere e le loro attrazioni si fondono dolcemente nell'universo bonario del paese di Sainte-Sévère (sic) [...]; il servizio di posta americana, vista in un documentario, è un elemento fantastico, talmente irreale nel contesto che serve piuttosto da motore poetico che ispira la gestualità del postino; le beffe di cui è l'oggetto non sfociano né nell'alienazione né nel dramma. Infine il giro finale, capolavoro di virtuosità acrobatica, che è allo stesso tempo frenetico e assurdo (François consegna ogni volta le lettere nel modo più esilarante, ne appunta una su un forcone, ne infila un'altra nella mietitrice), è di un'assoluta bellezza formale e cinetica.


(Vincent Ostria, Couleur locale, "Cahiers du cinéma", n. 487, gennaio 199)