Holy Spider - Cineclub Arsenale APS

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HOLY SPIDER

di Ali Abbasi

Durata: 117'
Luogo, Anno: Francia 2023
Cast: Zahra Amir Ebrahimi, Mehdi Bajestani, Arash Ashtiani, Forouzan Jamshidnejad


Sinossi

Iran, 2001. Raihimi, una giornalista di base a Teheran, si sposta nella città santa di Mashhad per indagare su un serial killer che uccide le prostitute convinto di liberare le strade dai peccatori per conto di Dio. Nonostante il numero delle vittime continui ad aumentare, le autorità locali non sembrano aver fretta di risolvere il caso e Raihimi si rende presto conto che potrà contare solo sulle proprie forze. Festival di Cannes 2022 Palma d'Oro come Miglior attrice a Zar Amir Ebrahimi


Critica

Il thriller e in particolare il sottogenere relativo agli assassini seriali si arricchiscono con Holy Spider di un esemplare affascinante, che grazie al cinema "ibrido" dell'autore di sensibilità europea Ali Abbasi mescola spunti narrativi familiari al grande pubblico con una proficua esplorazione della misoginia radicata nella società iraniana. Il risultato è un'opera lucida e metodica che non somiglia a nessuno dei suoi ingredienti. Abbasi si era fatto notare nel 2018 con il film svedese Border, mentre qui torna ad avere a che fare con l'Iran che gli ha dato i natali. Proprio all'epoca dei fatti, Abbasi stava per lasciare il suo paese e iniziare il percorso che l'avrebbe portato a stabilirsi in Svezia e poi in Danimarca. La storia di Saeed Hanaei, che fu poi catturato e giustiziato, è rimasta nota per la trasparenza e l'apertura con cui l'uomo rivendicò i suoi propositi omicidi, e per l'assurdo supporto che i suoi proclami religiosi gli garantirono presso una parte dell'opinione pubblica. Abbasi omaggia questo aspetto di auto-evidenza della storia, spogliando la mitologia cinematografica del serial killer di ogni mistero: il suo Saeed è protagonista del film da subito, tanto quanto l'eroina Rahimi che gli dà la caccia, e prima che i rispettivi sentieri entrino in rotta di collisione c'è tutto il tempo di sviscerare la figura di un uomo tormentato dai traumi della guerra, insoddisfatto della direzione della sua vita, e carismatico nel guadagnarsi l'approvazione della moglie e del figlio prima ancora che degli altri cittadini di Mashhad, pronti a scagliarsi contro il basso valore morale e il cattivo esempio delle prostitute uccise. Una dualità, quella delle sofferenze domestiche - a tratti patetiche - di un uomo piccolo che sembra poi farsi minaccioso assorbendo l'energia misogina che si respira in strada, che è frutto del grande lavoro di Mehdi Bajestani, in un ruolo difficile non soltanto dal punto di vista cinematografico.

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