Il cavaliere inesistente - Cineclub Arsenale APS

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IL CAVALIERE INESISTENTE

di Pino Zac

Durata: 97'
Luogo, Anno: Italia, 1970
Cast:


Sinossi

Tratto dal romanzo di Italo Calvino, il film narra la storia di Agilulfo che ha solo la voce e l'armatura: conquisterà anche un corpo quando potrà dimostrare di essere stato veramente investito cavaliere.


Critica

Il regista decide di impiegare la sua esperienza nell’animazione per dare vita a un film a tecnica mista, cioè la combinazione tra attori in carne e ossa e l’animazione in 2D, utilizzando nello specifico la tecnica della stop-motion. Il risultato ottenuto è un surrealismo cinematografico dalla delicata ironia e dall’armoniosa struttura visiva, dove il Medioevo si mescola con altre epoche storiche compresa l’attualità (sulle tende dei paladini sono presenti delle antenne per seguire le trasmissioni televisive). La specularità tra gli eroi presenti nell’opera calviniana viene mantenuta da Pino Zac. Quella di più immediata comprensione è quella tra Agilulfo e Gurdulù: il cavaliere inesistente è solo coscienza e doveri, ma mancante di corpo, mentre lo scudiero è un corpo privo di coscienza. Così scherzerà Carlo Magno quando farà la conoscenza di Gurdulù: «questo suddito qui c’è ma non sa d’esserci e quel mio paladino là sa d’esserci ma non c’è». Anche Bradamante e il suo amato sono due facce della stessa medaglia: sono entrambi cavalieri, ma del tutto sui generis. Agilulfo non è nulla se non volontà e armatura, mentre l’altra è sia un cavaliere che una donna e svolgono il loro lavoro molto meglio di tutti gli altri paladini presenti nella storia, che, come si noterà più volte nell’arco della pellicola, sono uomini svogliati e dediti allo sciacallaggio. Il film è visivamente diviso in due parti: una sezione è realizzata in bianco e nero, mentre l’altra a colori. La prima è chiaramente utilizzata per enfatizzare la staticità e la tristezza del personaggio, protagonista di scene prive dello spettro cromatico; la seconda vede colori molto vividi e sgargianti, utilizzati per raccontare una realtà dai tratti fiabeschi. Non è un caso, infatti, che nelle scene a colori Agilulfo indossi un’armatura bianca; in questo caso, il bianco, oltre a significare candore e purezza, indica anche la disumanizzazione dell’uomo, il suo sparire dietro i propri doveri e ruoli sociali.

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