IN NOME DELLA LEGGE - Cineclub Arsenale APS

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IN NOME DELLA LEGGE

di Pietro Germi

Durata: 99'
Luogo, Anno: Italia, 1949
Cast: Massimo Girotti, Saro Urzì, Charles Vane, Jone Salinas, Camillo Mastrocinque


Sinossi

Un giovane magistrato è inviato come pretore in un paese nel centro della Sicilia. Vi giunge animato dai migliori propositi: farà il suo dovere ad ogni costo combattendo la mafia imperante. In paese è accolto con diffidenza, con ostilità: l'unico a dimostrargli simpatia è un giovanotto di nome Paolino. L'indomani del suo arrivo, il pretore deve occuparsi di un omicidio; ma l'inchiesta è difficile, perchè tutti sono legati dall'omertà e nessuno vuol parlare. Una parte della popolazione è disoccupata, in seguito alla chiusura di una zolfara. Il pretore cerca di risolvere il problema, inducendo il barone Lo Verso, che amministra la zolfara, a riaprirla, uniformandosi così alla legge. Il barone, legato a filo doppio con la mafia, cerca di corrompere il pretore e non riuscendovi, gli fa tendere un agguato. Il pretore resta soltanto ferito, ma il Procuratore Generale, accennando alla presunta ostilità della popolazione, lo consiglia a chiedere un trasferimento. Avvilito, decide di andarsene; ma quando apprende che Paolino, vittima innocente, è stato ucciso dalla mafia, ritorna in paese e convocati sulla piazza gli abitanti, annuncia che resterà al suo posto, deciso a ristabilire ad ogni costo il rispetto della legge.


Critica

Dopo avere ammirato il talento mostrato da Pietro Germi nel dirigere alcune scene del film "Gioventù perduta" (1947), il produttore Luigi Rovere, che lavora per la Lux, affida al regista genovese il compito di portare sullo schermo il romanzo del magistrato palermitano Giuseppe Guido Lo Schiavo, "Piccola pretura", che diventerà "In nome della legge". Sceneggiato dallo stesso regista con Federico Fellini, Mario Monicelli, Tullio Pinelli e Giuseppe Mangione, il film viene girato a Sciacca e dintorni nell'estate del '48. (…) Proiettato nelle sale cinematografiche nella primavera del 1949, "In nome della legge" riscuote un successo superiore a ogni previsione (incassa 401 milioni, quando il prezzo medio del biglietto si aggira sulle 90 lire, e conquista tre nastri d' argento, nella stagione che vede l' agguerrita concorrenza di "Ladri di biciclette") e procura subito prestigio e notorietà al regista. Il 21 aprile di quell'anno, infatti, Carlo Muscetta comunica a Cesare Pavese: «Un agente di una nota casa cinematografica si è rivolto a me per chiedere l' opzione del soggetto di "Paesi tuoi". Il film sarebbe affidato a Germi, il regista di "In nome della legge". Se è cosi dovresti esserne molto contento... Per conto mio sarò ben lieto che la cosa possa avere successo». Mentre Carlo Levi, che ha quasi ultimato la stesura de "L'Orologio" ed è determinato a condurre in porto il progetto cinematografico del "Cristo si è fermato a Eboli", il 14 settembre del 1949 scrive a Linuccia Saba: «Domani avrò un colloquio con Germi. Tu che cosa ne dici? Di combinare con Germi? Vedrò dopo avergli parlato molto chiaramente». Ma "In nome della legge" provoca anche molte polemiche e opinioni contrastanti. Se il giovane pretore che osa sfidare la mafia e lotta per la giustizia contro l'incomprensione e l'indifferenza degli abitanti di Capodarso è - come scrisse Ennio Flaiano - «un personaggio eroico che il pubblico adotta con entusiasmo», in Sicilia molti la pensano diversamente e reputano il film lesivo per l' immagine dell'Isola. A Sciacca, ad esempio, la sera della prima, quando comincia a scorrere la pellicola, la parola mafia pronunciata per la prima volta e poi l'arresto di un boss «in nome della legge» provocano presso qualche spettatore atteggiamenti non proprio comprensivi nei confronti del rappresentante dello Stato. Bernardo Indelicato, giovanissimo pescatore scelto per interpretare il ruolo di Paolino dirà poi che «a Castelvetrano la mafia aveva proibito la visione del film».

Lorenzo Catania, repubblica.it