Inu-oh - Cineclub Arsenale APS

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INU-OH

di Masaaki Yuasa

Durata: 98'
Luogo, Anno: Giappone, 2021
Cast:


Sinossi

Giappone feudale. Inu-oh, un artista noh malforme dalla nascita, e Tomona, un monaco cieco suonatore di biwa, si incontrano nella capitale e iniziando a esibirsi insieme. A ogni concerto Inu-oh canta una storia appresa dagli spiriti di un antico clan samurai e, per ricompensarlo, questi ricompongono una parte del suo corpo martoriato. Tomona affianca invece queste performance cantando la storia travagliata di Inu-oh. Con i loro spettacoli, che infrangono le regole delle arti tradizionali, diventano le star di una nuova era e in breve tempo le folle impazziscono per loro. Il loro successo finisce però per attirare l’attenzione dello shogunato … Con il suo stile grafico e narrativo a metà strada tra l'anime commerciale e il disegno underground, Masaaki Yuasi si è imposto come uno dei registi di animazione più audaci del nuovo millennio. Per Yuasa ha collaborato nuovamente con Taiyo Matsumoto, dal cui manga (edito in Italia da Hikari Edizioni) aveva tratto la serie tv Ping Pong, e per la voce dell'eccentrico protagonista si è avvalso del talento di Avu-chan, nome di punta della scena musicale J-Pop.


Critica

Sappiamo che è esistito davvero Inu-Oh ma non è rimasta traccia della sua arte che è stata come cancellata dalla storia. Il lavoro immaginifico di Masaaki Yuasa mira proprio a riempire quel vuoto immaginando gli spettacoli dell’artista come delle grandi adunate di concerti rock, con i musicisti sul palco che suonano la biwa come fosse una moderna chitarra elettrica e con le folle in spazi all’aperto che ballano al traino della musica degli artisti. Scene che si trasfigurano in una danza cosmica, che si contrappone agli ieratici canti buddisti sui giardini zen. Inu-Oh diventa così un inno alla libertà espressiva, all’anticonformismo artistico, alla cultura underground, alla creatività come pulsione umana innata che non può e non deve essere riconosciuta dall’alto e incanalata in schemi prefissati. L’arte di Inu-Oh e Tomona è quella dei reietti dalla società, la loro rivincita. E il protagonista, un nuovo Elephant Man, pesantemente deforme dalla nascita tanto da coprirsi tutto il corpo, può trasfigurarsi proprio grazie al potere dell’arte. Masaaki Yuasa, con il materiale storico, ricrea un musical moderno, lasciando nella narrazione lunghissime scene musicali, diluendola con i ritmi dei concerti. L’operazione di Yuasa, che pure si deve identificare nel protagonista, non è però liquidabile con la contrapposizione schematica tra Zeami e Inu-Oh. L’animatore riprende e distilla le forme classiche narrative nipponiche, fatte da narratori e cantastorie, restituendo un nuovo gusto alla tradizionale forma del monogatari, il racconto epico giapponese. Inu-Oh diventa così una storia di cantastorie. Evidente già dalla prima scena della raffigurazione della battaglia di Dan-no-ura, del 1185 che sancì la sconfitta del clan Taira, che rielabora i canoni delle illustrazioni su paravento e recupera elementi iconici come i granchi heikegani che la tradizione vuole portino sul dorso i volti dei guerrieri sconfitti. Da confrontare con la rappresentazione, più rigorosa e sempre in chiave di monogatari, della stessa battaglia fatta in Kaidan di Masaki Kobayashi, nel terzo episodio, dove peraltro a suonare la biwa è un musicista cieco. Uno dei concerti di Inu-oh e Tomona si svolge in un greto di un torrente, un vuoto a suo modo come quello della scena noh, dove lo spazio tra il pubblico ripropone la classica architettura aperta dei palcoscenici giapponesi. Ci sono poi delle scene del film realizzate con lo stile della pittura a inchiostro. E infine c’è il grande ruolo delle maschere, come quella magica dagli occhi brillanti che equivalgono a quelle del teatro noh. Elementi che Masaaki Yuasa elabora anche con il linguaggio del cinema come in quella vertiginosa e lunga carrellata sui ponteggi di legno.

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