La finestra sul cortile - Cineclub Arsenale APS

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LA FINESTRA SUL CORTILE

di Alfred Hitchcock

Durata: 122'
Luogo, Anno: USA, 1954
Cast: James Stewart, Grace Kelly, Raymond Burr, Thelma Ritter


Sinossi

Al fotoreporter L.B. Jefferies manca solo un'ultima settimana di convivenza con un'ingessatura alla gamba sinistra prima di poter tornare ai reportage d'assalto. Una settimana di una calda estate durante la quale, oltre alle cure dell'infermiera Stella e alle attenzioni della bellissima compagna Lisa Freemont, Jefferies passa il tempo affacciato alla finestra del suo appartamento a scrutare le abitudini dei vicini di casa. Fra questi, c'è una coppia di sposi novelli, una giovane e graziosa ballerina, un pianista tormentato dal fallimento, una coppia di coniugi con cane che dormono all'aperto, una donna affranta dalla solitudine e, soprattutto, un tranquillo uomo di mezza età che si prende cura della moglie malata. Quando questa improvvisamente scompare, Jefferies comincia a spiare sempre più ossessivamente i comportamenti dell'uomo, convinto che in quell'appartamento sia avvenuto un omicidio.


Critica

Soffermarsi a guardare i propri vicini dalla finestra era una pratica incurante prima che Alfred Hitchcock ci obbligasse a confrontarci con essa. Se con Psycho diverrà problematico perfino fare una doccia, già con La finestra sul cortile la vista sul vicinato non è più solo un'apertura innocente, ma il presupposto per tramutare un'innocua abitudine in momenti di raggelante tensione, per giocare con le pulsioni quotidiane e trasformarle in qualcosa di perturbante. Ancora una volta per il regista britannico l'avvincente trama gialla è quindi solo la superficie, l'involucro di una complessa architettura che affonda le sue fondamenta nel piacere della visione e nelle passioni dello sguardo. Come a teatro, sui titoli di testa si alzano delle tendine che aprono all'intero spazio della messa in scena. Non è tuttavia il teatro, bensì il cinema e le sue tecniche a muovere completamente il racconto e a costituire l'oggetto della riflessione di Hitchcock: la macchina da presa si sposta di finestra in finestra fino a mostrarci il punto di origine dello sguardo che ci accompagnerà durante tutto il film, l'appartamento di Jefferies.

Nel presentarci in tutta la sua completezza l'universo filmico e i vari personaggi che catalizzeranno la nostra attenzione e quella del protagonista, Hitchcock dimostra come il cinema, finestra voyeuristica per eccellenza, sia la più perfetta realizzazione dei desideri legati all'atto del vedere. Nel film tutte le varie protesi ottiche diventano un modo per soddisfare le proprie pulsioni (non a caso, la schietta infermiera Stella definisce il teleobiettivo "un buco della serratura portatile"). Allo stesso modo, anche l'ingresso in scena della protagonista femminile è pura espressione di un desiderio visivo. Prototipo di donna perfetta, Lisa Freemont è uno sguardo languido che si avvicina verso lo spettatore e che domanda, sia nella folgorante bellezza che nei comportamenti, continua attenzione. Così come attenzioni e interesse reclamano le guerre dei sessi e i drammi sentimentali che si consumano nei vari appartamenti, facendo continuamente "distrarre" lo sguardo di Jefferies e il nostro anche nei momenti meno indicati, come quando si sta per scoprire la verità probabile uxoricida.

Per questo, una volta di più, lo sguardo di Hitchcock si identifica meno con il protagonista che con lo spettatore curioso di cinema, quello stesso tipo di spettatore che Jefferies si ritrova a incarnare ogni volta che partecipa con un puro coinvolgimento ottico ed emotivo a quel che vede attraverso le finestre dei vicini. In fondo, tutto ciò che sta dentro ad una cornice e che ci da la possibilità di vedere non visti rappresenta una potenziale storia. Basta solo che la potenza del nostro sguardo la renda tale.

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