La Lunga Corsa - Cineclub Arsenale APS

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LA LUNGA CORSA

di Andrea Magnani

Durata: 88'
Luogo, Anno: Italia, 2023
Cast: Adriano Tardiolo, Giovanni Calcagno, Nina Naboka, Barbora Bobulova, Maksim Kostyunin


Sinossi

Per Giacinto il carcere è casa. È nato lì, e lì rimane per i primi anni, insieme a sua madre. È lì che impara a camminare, e soprattutto a correre. Quando viene “scarcerato”, lo accompagna fuori Jack, un imponente agente di custodia, burbero ma gentile. Ad aspettarlo c’è un giovane prete energico e paziente che lo porta in una casa famiglia in cui Giacinto non sente di appartenere. Per lui è il carcere il posto migliore dove rifugiarsi dai pericoli di quel mondo estraneo, così appena può corre a trovare la mamma in prigione. Una volta adulto, torna in carcere come agente di polizia penitenziaria, e capisce che è ora per lui di diventare grande.


Critica

Se nel suo primo film il regista italiano usava l'est Europa (l'Ungheria, per la precisione) come il paesaggio ideale dove mettere in scena il ritorno a una sorta di terra primigenia dove la morte e la vita si incontravano, in La lunga corsa, che al posto dell'imponente Nicola Nocella ha la figura stupefatta di Adriano Tardiolo (che sostanzialmente ripete il ruolo di Candido già visto in Lazzaro felice), le terre piatte dell'Ucraina, fatte passare per l'Italia, oltre a giustificare la coproduzione internazionale, diventano una sorta di non-luogo dove allestire la vicenda del povero Giacinto. Nato maschio invece che femmina (il suo nome doveva essere Rosa, come il padre si era preventivamente tatuato...), indesiderato fin da subito, allevato da un padre putativo, figlio di un mondo - il carcere - in cui nulla nasce ma al contrario muore, il protagonista di La lunga corsa vuole in tutti i modi restare nel grembo materno - sempre il carcere - dentro il quale a un certo punto cerca anche di rientrare passando per una fessura (metafora evidente, inutilmente mascherata...). Giacinto è il contrario degli uomini, cerca la prigionia perché spaventato dalla libertà, vivendo la propria condizione come un segno, una maledizione: non a caso, tutte le donne della sua vita hanno un segno sull'occhio - la madre pestata in cella, la direttrice del carcere (Barbora Bobulova) con la benda alla John Ford, l'ergastolana Rocky con la palla di vetro - e nel finale il suo nome sfortunato, Giacinto, viene finalmente liberato perché torni a essere Rosa e torni a indicare una bambina... Giacinto, ancora, è figlio di una terra di nessuno, dentro e fuori dal carcere, in un'Europa senza direzione e senza connotazione geografica.

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