Critica
La quattordicesima domenica del tempo ordinario, nuovo film di Pupi Avati dopo l’opera su Dante, un film sull’inevitabile, ma non scontato, spegnimento dei sogni. Nel cast, ecco Lodo Guenzi e il suo doppio in età avanzata Gabriele Lavia, Camilla Ciraolo, Massimo Lopez, Nick Russo, Cesare Bocci e, non ultima, Edwige Fenech di nuovo al cinema addirittura sedici anni dopo il cameo che Eli Roth le regalò in Hostel II che a sua volta interruppe un digiuno lungo diciannove anni dal 1988, quando aveva girato Un delitto poco comune di Ruggero Deodato. «Un miracolo, davvero. Pupi mi ha raccontato la storia e il mio ruolo», ha spiegato l’attrice. «Di film ne ho fatti tanti, con ruoli bellissimi, ma questa era un’occasione che aspettavo da tempo in questa fase della mia vita». Ed è cinema Edwige Fenech, ma La quattordicesima domenica del tempo ordinario aggiunge un tassello al suo viaggio attoriale fatto di alti e bassi e la sua presenza inedita e magnetica, intensa, in un ruolo tragico come quello di Sandra, suggella perfettamente un’opera nostalgica, dolce ma disincantata. Un film sulla malinconia dei ricordi, sul percorso di vita, su sogni, sabotaggi ed errori, ma anche sulle scelte – giuste o sbagliate – che compiamo ogni giorno. Quelle basilari, vitali, tra la vita ordinaria e sicura del posto fisso, e quella artistica e creativa, rischiosa, che può rapidamente passare dalle luci di Sanremo agli antri bui di un programma di serie B in una televisione privata. Un conflitto ben reso dell’incontro-scontro delle auree caratteriali di Marzio (interpretato da Nick Russo e poi da un formidabile Massimo Lopez drammatico) e Samuele (equamente diviso da un grande Lavia e da un Lodo Guenzi in odore di consacrazione) lungo uno sviluppo temporale scandito da Avati da raffinate scelte di montaggio tra passato e presente che, al pari di Lei mi parla ancora, è ode d’amor perduto ma mai, davvero, dimenticato. Per un La quattordicesima domenica del tempo ordinario che apre e chiude sulle note di una suite musicale di un ispirato Sergio Cammariere alla colonna sonora, un chiosco di gelati come portale di sogni e di ricordi, e una parete blu come il mare. Un’opera personalissima per Avati, il cui titolo curioso, quasi wertmülleriano, rimanda ad un particolare periodo del calendario liturgico. È quella domenica che segue la Quaresima e anticipa l’Avvento – quella tra la primavera e l’estate – in cui abitualmente ci si sposa, e in cui si è sposato proprio Avati con l’amore della sua vita, Amelia Turri.
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