La stoffa dei sogni - Cineclub Arsenale APS

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LA STOFFA DEI SOGNI

di Gianfranco Cabiddu

Durata: 101'
Luogo, Anno: Italia, 2016
Cast: Sergio Rubini, Ennio Fantastichini, Alba Gaïa Bellugi, Renato Carpentieri


Sinossi

Una tempesta scaraventa sull'isola dell'Asinara un gruppetto eterogeneo di naufraghi: quattro camorristi, le due guardie che li stavano accompagnando in penitenziario, e i quattro membri di una compagnia teatrale di giro. Tre dei camorristi decidono di spacciarsi per teatranti, con l'aiuto (riluttante) del capocomico Oreste Campese, per sfuggire alla cattura da parte del direttore del carcere. Ma De Caro, il direttore, è uomo diffidente, e sospetta subito che la compagnia Campese ospiti qualcuno dei carcerandi sopravvissuti al naufragio.


Critica

Il regista sardo Gianfranco Cabiddu mescola due testi di Eduardo De Filippo "L'Arte della Commedia" e la traduzione che Eduardo fece de "La tempesta" di Shakespeare, alla cui registrazione Cabiddu ha collaborato - per creare (con Ugo Chiti e Salvatore De Mola) una sceneggiatura originalissima e stratificata che racconta la capacità del teatro di trasformare, ma anche sublimare, la realtà, e la volontà degli uomini di reinventarsi ritagliandosi di volta in volta i propri costumi di scena dalla stoffa di cui sono fatti i sogni. La stoffa dei sogni, appunto, è una continua citazione shakespeariana (non solo da "La tempesta") e rende omaggio a due maestri del teatro come il Bardo e De Filippo rivelandone le profonde assonanze al di là della "scorza" linguistica: assonanze che hanno a che fare soprattutto con la capacità di entrambi gli autori di "leggere" e poi di raccontare la natura umana nella sua miseria e nobiltà.

L'ambientazione all'Asinara, rimasta incontaminata grazie a decenni di isolamento totale, è la perfetta quinta teatrale per rendere la vicenda atemporale e dilatare lo spazio entro il quale Campese e la sua compagnia ricostruiscono il proprio palcoscenico: e l'emozione del momento in cui la rappresentazione va in scena, in virtù dello sforzo di artigianalità e immaginazione dell'intera troupe, ricorda il brivido dell'inquadratura in cui Georgés Melies passava davanti al set marittimo di Hugo Cabret. Il cast è molto ben assortito (tolta la nota stridente della dizione regionale delle due interpreti più giovani): Sergio Rubini mette a servizio del suo Oreste esperienza teatrale e gusto per la pantomima, Ennio Fantastichini dà peso e spessore a De Caro, Renato Carpentieri è un capo camorrista con la saggezza atavica del Padrino. Sono tre figure paterne, tre Prospero in una sola Tempesta, e i loro dialoghi sono i più letterari della sceneggiatura perché tutti e tre si vivono come protagonisti della tragicommedia che sono costretti a recitare. Il quarto protagonista in scena è il più tragicomico in assoluto: il pastore sardo Antioco, un Calebano arcaico che si esprime in una lingua comprensibile solo a se stesso, e ciò nonostante cerca continuamente il contatto umano con i gli "invasori" che hanno colonizzato la sua isola. In questo personaggio, magnificamente interpretato da Fiorenzo Mattu, c'è tutto il dolore di Cabiddu per lo stupro subìto dalla sua terra, e l'istante in cui la messinscena dà voce (in napoletano, come in inglese o in sardo stretto) all'ingiustizia di quella violazione è pura trasfigurazione teatrale.

Paola Casella, Mymovies.it