L'elemento del crimine - Cineclub Arsenale APS

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L'ELEMENTO DEL CRIMINE

di Lars von Trier

Durata: 103'
Luogo, Anno: Danimarca, 1984
Cast: Michael Elphick, Me Me Lai, Esmond Knight, Jerold Wells, Ahmed El Shenawi


Sinossi

L'ispettore Fisher vive al Cairo e sente il bisogno di recarsi da un ipnotista per ricostruire quanto accaduto quando, dopo tredici anni di assenza, era stato richiamato in Germania per risolvere il caso di un serial killer che uccideva le giovanissime venditrici di biglietti del lotto. Per farsi aiutare era tornato da Osborne, un suo professore che aveva scritto un testo secondo lui fondamentale "L'elemento del crimine". Osborne lo aveva messo sulle tracce di un certo Harry Grey.


Critica

Von Trier affronta la sua opera prima cercando soluzioni azzardate in cui l'atmosfera prevale sul plot.

Per la prima volta il regista danese si trova ad operare (e a mettersi in contrasto) con una équipe di professionisti che ha la sensazione si vogliano sostituire a lui. I mezzi messigli a disposizione sono imponenti per un esordiente che ha però già le idee molto chiare. Inonda i set di acqua (gira anche realmente nelle fogne) e realizza un noir in cui le scene sono tutte sulla tonalità arancione. Il titolo è lo stesso del libro scritto da Osborne il quale vi esplicita una sua teoria secondo la quale i crimini traggono origine dal contatto con una sorta di 'fonte d'infezione', un elemento del crimine appunto. Da quel momento essi si propagano come batteri che si moltiplicano. Per Von Trier questo elemento è costituito dalle pulsioni che intaccano la moralità degli esseri umani.

Siamo di fronte ad uno sguardo estremamente pessimistico su quell'Europa che un danese come Lars identifica con la Germania; in questo film, così come nei titoli successivi. Nel libro intervista a lui dedicato da Stig Björkman alla classica domanda "Di cosa parla il film?" risponde: "C'è un intrigo poliziesco, ma anche alcune oscure idee sul transfert...". In effetti non conta tanto il 'chi è stato' ma l'ambiente estremamente degradato in cui i personaggi agiscono. Un animalista avrebbe più di una ragione nel lamentare la crudeltà di alcune inquadrature di cavalli (in particolare di quella iniziale che è però una ripresa d'archivio). Anche in questo caso il regista trova una giustificazione nel fatto che si trattava di equini che stavano per essere macellati e dati in pasto ai leoni di uno zoo.

Ciò che compare sullo schermo può essere riletto (ex post) come un esercizio di stile in cui, sulla base di un rigoroso storyboard, Von Trier intende far diventare la scenografia il motore principale dell'azione quasi che dovesse essere vivisezionata per sostituirsi alle parole in un film in cui l'interprete di Osborne era totalmente non vedente (scoperta fatta sul set una volta scritturato) ma non per questo meno in grado di gestire un personaggio così importante e complesso.

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