Critica
Il regista napoletano Vincenzo Marra tratta due temi forti e controversi, come l’emergenza rifiuti della Terra dei fuochi e la colpevole connivenza di Chiesa e istituzioni nei confronti della criminalità organizzata campana.
Protagonista del film è il drammaturgo e attore teatrale Mimmo Borrelli, al suo debutto sul grande schermo. Il sacerdote Giuseppe (Mimmo Borrelli), di origine campana ma stanziato a Roma, sentendo la sua fede vacillare a causa di un’attrazione verso una donna, chiede e ottiene dal Vescovo il trasferimento in un paese vicino ai suoi luoghi di nascita. Il protagonista viene scelto per rimpiazzare in un piccolo paesino nel napoletano Don Antonio (Roberto Del Gaudio), che è invece destinato a compiere il tragitto inverso verso Roma dopo essersi guadagnato la stima e il rispetto di tutta la comunità. Una volta insediato, Giuseppe si mette all’opera con decisione a abnegazione per migliorare la situazione del paese, disastrato da disoccupazione, malavita e da un’altissima incidenza di tumori dovuta ai rifiuti tossici. Il sacerdote si renderà ben presto conto dell’omertoso equilibrio raggiunto fra popolazione, chiesa, istituzioni e criminalità organizzata, rischiando la propria pelle per le sua tenace e coraggiosa lotta contro lo status quo.
L’equilibrio mette in scena in modo schietto e realistico alcune delle tante contraddizioni di una terra costantemente presa per la gola da una criminalità organizzata che corrompe, spolpa e distrugge tutto ciò che incontra, lasciando soltanto macerie e devastazione. In questo scenario triste e desolato Don Giuseppe comincia una lotta decisa e a testa alta contro le piccole e grandi ingiustizie che affliggono la comunità, dall’impossibilità per i bambini di giocare in un campetto occupato dalla pecora del boss locale al ben più inquietante abuso sessuale nei confronti di una bambina.
La discesa agli inferi di Don Giuseppe diventa parallelamente per lui anche un percorso spirituale, durante il quale la sua fede messa in crisi dai sentimenti verso una donna viene ravvivata e fortificata da un’incrollabile voglia di aiutare il prossimo, anche in una situazione terribile ed estremamente complicata. La macchina da presa di Vincenzo Marra segue sobriamente e lucidamente la lotta del sacerdote, che con il passare dei minuti trova una sorprendente resistenza anche nelle alte sfere istituzionali e religiose locali, colpevoli di avere raggiunto con il crimine che dovrebbero osteggiare e combattere una sorta di tacito e complice equilibrio.
La pellicola si rivela solida, coerente e necessaria, capace di trovare in un doloroso quanto azzeccato finale la perfetta sintesi dell’attuale situazione di una terra continuamente divorata da se stessa e ben lontana dal trovare una soluzione ai propri mali.
Marco Paiano, Cinematographe.it