LOBO E CÃO - Cineclub Arsenale APS

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LOBO E CÃO

di Cláudia Varejão

Durata: 111'
Luogo, Anno: Portogallo, 2022
Cast: Ana Cabral, Ruben Pimenta, Cristiana Branquinho, Marlene Cordeiro, João Tavares


Sinossi

L’adolescente Ana (Ana Cabral) vive con la madre, la nonna e due fratelli su un’isola dell’oceano Atlantico, dove religione, tradizioni e credenze antiche convivono con la nuova generazione. È estate e Ana passa le serate con il suo migliore amico, Luis (Ruben Pimenta), a ballare e chiacchierare in un locale di drag queen. Quando arriva una sua amica dal Canada, per Ana sembra giunto il tempo di un cambiamento.


Critica

Indubbiamente Lobo e Cão è erede di una lunga tradizione attenta al reale (La pointe courte, Viaggio in Italia), in cui elementi appartenenti alla cultura popolare si inseriscono nella storia. Varejão non è estranea a questo mondo avendo alle spalle due documentari che presentavano situazioni simili (una comunità di pescatrici nipponiche e un’indagine esistenziale sulle affinità che legano esseri di natura diversa). Processioni, ritiri spirituali, feste sono in questo film essenziali non tanto a creare una contrapposizione con i giovani protagonisti, anzi: il passato dell’isola ha saputo adattarsi alle espressioni di un presente fluido, fluo e arcobaleno, dove la propria identità è vissuta nella piena consapevolezza del diritto a essere liberi. Liberi di mostrarsi per quello che si è attraverso un rituale di vestizione che porta in primo piano l’immagine, schierando un piccolo esercito che guarda in macchina e sfida qualsiasi oppositore. È una libertà che passa anche da dentro, da una tensione tutta riflessa nei conflitti famigliari, allo stesso modo silenziosi, che si accendono in uno sguardo o in un gesto del corpo rannicchiato sul letto e trovano una quiete passeggera dopo una notte trascorsa a fare l’amore. L’isola, per via della sua conformazione, è uno spazio-limite che cerca di tenere aggrappate a sé le persone senza però nascondere le possibilità che si prospettano all’orizzonte. Varejão non può non tenere conto di questi aspetti antropologici, di come la geografia del luogo condizioni le vite di chi lo abita. Nel suo sguardo, che spesso si accosta a quello di un semplice osservatore, c’è giusto una spinta che mette insieme le parti della storia. Non ci sono eccessi o forzature nella sceneggiatura così come nella messa in scena, in cui si apprezza una fotografia dai colori pieni e avvolgenti, affatto saturi. Anche la rappresentazione degli adolescenti è mediata solo in piccola parte: questi sono visti dall’esterno, non ne sentiamo i pensieri.

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