Lola corre - Cineclub Arsenale APS

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LOLA CORRE

di Tom Tykwer

Durata: 81'
Luogo, Anno: Germania, 1998
Cast: Franka Potente, Moritz Bleibtreu, Herbert Knaup, Heino Ferch


Sinossi

La fulva punk Lola ha venti minuti per trovare centomila marchi e salvare la vita al suo amato e balordo Manni che li ha dimenticati sulla metropolitana di Berlino. La sua corsa è ripetuta tre volte, con varie peripezie e coincidenze che portano a esiti diversi.


Critica

Da anni la stampa tedesca non osannava quasi all’unanimità un film prodotto in Germania. Tom Tykwer, trentatreenne autodidatta cinephile ex-gestore di cinema, ne è regista, autore della sceneggiatura, autore di parte della colonna sonora. Alle spalle ha due lungometraggi Die tödliche Maria e Winterschläfer che, se non hanno avuto un grande successo di pubblico, l’hanno comunque imposto all’attenzione della critica. Lola rennt, tre versioni di una stessa vicenda diversificate dal destino – un principio già sperimentato da Kieslowski in Il caso del 1981 – sarà presentato a Venezia in concorso. «Sono felice – ci tiene a dire subito Tom Tykwer – di aver girato un film che si può raccontare in due parole e che non sia strutturato in maniera troppo frammentaria. Qual è la sinossi che racconta la storia del film? molto semplice: Lola ha venti minuti per trovare centomila marchi. Corre attraverso la città per salvare la vita dell’uomo che ama. Questo è il film.

Nulla di più... tre episodi simili che dovrebbero essere recepiti come un viaggio continuo... Bonnie and Clyde? Sì, si può parlare di Bonnie and Clyde. In fondo nel film c’è una coppia che utilizza metodi criminali. Certo è un film d’azione, ma in Lola rennt è l’elemento romantico ad essere preponderante. Perché tutto quello che succede nel film, tutta la dinamica del racconto è provocato da una grande passione. Una passione che porta a superare ostacoli che altrimenti sembrerebbero insormontabili. È la passione come elemento anarchico dirompente il tema principale... quella passione che può rompere una catena di casualità apparentemente senza via di uscita».

Vincenzo Bugno, il manifesto, 25/9/1998