Critica
La storia ha una forte matrice corale, ma si sofferma principalmente su Guido (Parisi), un ricercatore precario che convive con Chiara (la D’Amico). Quando la compagna inizierà a manifestare dubbi sulla salute della relazione, Guido inizierà a perdere le già poche certezze e finirà per accorgersi che tutte le coppie che conosce sono costrette a vedersela, in un modo o nell’altro, con equilibri decisamente precari.
Quella messa in scena da Chiarini è una pellicola che tratta potenzialmente il più banale e abusato dei temi: la complessità delle relazioni sentimentali. Quel che però stupisce è che, con uno sforzo quasi miracoloso, riesce non solo a non essere mai scontato, ma addirittura a imbastire un ritratto di grande complessità dal quale tutti escono in qualche modo sconfitti, e che però mantiene una levità di tono di quelle che al Sundance farebbero gridare al capolavoro. Chiarini racconta le vite continuamente in divenire e l’emotività frastagliata dei suoi protagonisti con infinita comprensione e dolcezza, calando lo spettatore nel turbinio del cambiamento che travolge le loro vite senza però calcare mai la mano sulle emozioni facili.
La prima scena del film, tanto breve quanto inusuale, mostra la coppia di protagonisti alle prese con un profilattico sfilato e riesce in una manciata di frame a raccontare tutta l’intimità di un rapporto sentimentale e sessuale pur senza ricorrere ad alcuna malizia. Un perfetto esempio della capacità di Chiarini di portarci nei meandri della vita privata dei suoi personaggi, nonché un brillante espediente per mettere in moto un’inesorabile macchina narrativa.
Indispensabile nell’economia de L’Ospite è l’apporto di Daniele Parisi, che con il suo fare timido, un po’ goffo e con la sua straordinaria naturalezza si conferma uno dei più interessanti interpreti della sua generazione. La sua capacità di veicolare l’emozione pur con un fare sempre vagamente distaccato e il suo grande talento nella commedia fisica rendono impossibile immaginare un altro attore al suo posto, e al contempo ne fanno la perfetta incarnazione di tutta quella fragilità e quella sensibilità che trasudano da ogni pagina dello script.
L’Ospite diventa così quasi un ritratto generazionale, ma nell’estendere il discorso anche ai genitori del protagonista riesce ad ambire a uno spirito più ampio. Una dramedy sul bisogno di avere qualcuno accanto e sull’impossibilità di farlo senza incidenti di percorso: niente di nuovo, probabilmente, eppure uno dei migliori film italiani del 2018. E per quanto Parisi sia iperattivo nel teatro, vorremmo tanto vederlo più spesso sul grande schermo. Musiche di Brunori Sas
Luca Ciccioni, anonimacinefili.it