L'uomo che cadde sulla terra - Cineclub Arsenale APS

loading...

L'UOMO CHE CADDE SULLA TERRA

di Nicolas Roeg

Durata: 115'
Luogo, Anno: Gran Bretagna, 1976
Cast: David Bowie, Rip Torn, Candy Clark, Buck Henry, Bernie Casey


Sinossi

Tom Newton (David Bowie), apparentemente umano, in realtà è un alieno che precipita sulla Terra, ritrovandosi solo e senza un soldo nell’anonima provincia degli Stati Uniti. Grazie alla propria intelligenza e alle tecnologie superiori messe a punto dalla sua razza, Thomas Jerome Newton, riesce a costruire un impero fondato su alcuni brevetti tecnologici rivoluzionari. L’uomo è però preda della nostalgia per il proprio pianeta ed è costretto a vivere una vita che ritiene inutile e incomprensibile. Da un romanzo di Walter Tevis, un film di fantascienza esistenziale molto anni '70 nello stile e nel pessimismo sociologico, con un grande e smarrito Bowie.


Critica

Il film vede la grande entrata in scena cinematografica della rockstar David Bowie, già noto per le sue espressioni creative - umanoidi nella canzone-video di successo Life on Mars?.

Nel film Bowie non dà alcun apporto musicale nuovo, originale, però alcuni suoi brani appaiono qua e là come il suggestivo Sense of doubt.

Il film, uscito nel 1976 è di produzione Inglese, la sceneggiatura è tratta dal libro omonimo di Walter Tevis, "The Man Who Fell To Earth" che si sofferma con un certo spessore letterario su temi di estremo interesse culturale quali la solitudine angosciosa, l'alienazione umana legata alla diversità, le pulsioni dissociative dell'Io abbinate al desiderio-passione presente nel sociale dei perdenti. Il film ricalca gli stessi temi del libro seppur da angolazioni diverse che ne moltiplicano l'interesse.

Bowie, sorprendentemente, pur rimanendo in sostanza fedele al proprio modo artistico, usuale, di esprimersi nel canto, conferisce al suo personaggio una credibilità assai efficace, frammista di mistero ed esistenzialità problematica, che ne alimenta il carisma a discapito dell'azione, fino al punto di diventare il centro del film stesso, lontano da ciò che la sceneggiatura ricercava con più insistenza intorno all'azione.

L'effetto d'insieme del film, nelle sue caratteristiche più salienti, sfugge quindi da quanto voluto dai produttori e va per proprio conto in una direzione diversa con il sostegno del pubblico colto assumendo toni quasi intellettualistici.

Da sottolineare l'ottimo finale, coerente con le problematiche esistenziali sollevate nella prima parte della narrazione, un finale che evidenzia e attua le naturali logiche di sbocco delle tensioni costruite ad arte precedentemente, e mai legato a codici visivi convenzionali; è qualcosa che con il suo spessore psicologico del tutto originale, ben costruito, incrementa il valore culturale e filosofico del film.

Roeg si distingue soprattutto per il tipo di linguaggio fotografico, sempre molto misurato, sobrio ben pertinente a una comunicazione trasparente, cristallina, che accompagna con colori e contrasti pregnanti di effetti-significato dolore-speranza sia l'azione che i dialoghi dei personaggi.

Giordano Biagio, Comingsoon.it