Critica
"L'uomo che uccise Don Chisciotte" è uno di quei film la cui genesi è interessante quasi quanto l’opera. Terry Gilliam ha cominciato a sviluppare l’idea di un adattamento cinematografico del “Don Quixote” di Miguel De Cervantes già nel 1989. Innumerevoli imprevisti, finanziari e tecnici, hanno comportato che lo script fosse molteplici volte rimaneggiato fino ad arrivare alla stesura della pellicola attuale circa due anni fa.
Il merito principale del film risiede proprio nella sceneggiatura, la storia ambientata nei nostri giorni riesce a catturare l’essenza dell’opera di Cervantes senza fare strettamente riferimento al libro.
Le vicende trattano le rocambolesche avventure di un giovane e cinico regista di spot pubblicitari di nome Toby, interpretato da Adam Driver. Mentre gira un video commerciale in Spagna, si ricorda che esattamente in quei luoghi e dieci anni prima aveva realizzato un adattamento cinematografico del Don Chisciotte, utilizzando attori del luogo, non professionisti. Per il ruolo di Don Chisciotte aveva arruolato un anziano calzolaio, che identificatosi completamente nella parte crede ancora di essere l’ingegnoso hidalgo di Cervantes.
Nei primi 40 minuti una serie di imprevisti finiscono per isolare il vecchio calzolaio, interpretato da Jonathan Price e Toby nella desertica campagna spagnola, il primo a cavallo in armatura seicentesca, il secondo a dorso di mulo. É la parte più godibile di tutta la pellicola. Gli sceneggiatori hanno ideato tante e tali trovate, che unite a riprese e contesti idonei, realmente stupiscono gli spettatori. Il vecchio identifica Toby con Sancho Panza e insieme affronteranno una serie di avventure surreali che ripercorrono, in maniera onirica o contestualizzata quelle del romanzo di Cervantes: demoni reali e immaginari, moderni e medievali, giganti da uccidere, mulini a vento, tornei di combattimento, donzelle da salvare, donne con la barba e fanciulle amate da ritrovare.Tutto l’aspetto immaginifico e visionario è magistralmente rappresentato, Terry Gilliam si è scelto un cast tecnico di tutto rispetto. Benjamin Fernandez cura le scenografie con scelte vincenti, dalle desolate ed aride terre vulcaniche delle Canarie alla trasformazione di un convento spagnolo in location per la festa di un magnate russo. Lena Mossun cura i costumi con notevole ricchezza di fantasia e dettaglio. Nicola Pecorini, Direttore della Fotografia, cattura le atmosfere e i cieli di Spagna con la dovuta attenzione.
Ma l’essenza della trama dell’opera di Cervantes, Gilliam, l’ha centrata soprattutto nel riprodurre quella dicotomia rappresentata dai due personaggi principali, dove il vecchio calzolaio, ossia Don Chisciotte rappresenta la follia, la fantasia, ma anche l’idealismo, l’integrità, il coraggio e Toby, ossia Sancio Panza, rappresenta il realismo, la pavidità, l’ignoranza. Si è voluto riconoscere un ruolo pedagogico del folle cavaliere sul suo scudiero, del vecchio e visionario riparatore di scarpe sull’arrogante creativo pubblicitario. Sancio Panza o Toby alla fine della loro avventura avranno imparato dal loro maestro e, quasi come un Buddha incontrato sulla loro strada, lo dovranno uccidere per prendere successivamente il suo ruolo.Jonhatan Price è decisamente l’attore che meglio poteva interpretare il “Cavaliere dalla Triste Figura”. Ha una fisicità perfettamente idonea, nell’età, nei lineamenti e nella capigliatura perennemente disordinata. Si muove a piedi e a cavallo con perfette movenze seicentesche e modula la sua bella voce dai timbri più profondi nelle enunciazioni solenni alle vocine fanciullesche quando si beffa del suo scudiero. Adam Driver anche ci sembra perfetto nella parte di Toby, bravissimo sia quando interpreta il famoso creativo dall’aria blasè all’inizio della storia, sia quando incarna le molteplici facce disorientate per le vicende surreali che si trova a vivere. Possiede inoltre un volto dalle fisionomie iberiche, sembra uscito da un quadro di Goya e sfoggia un naso che fa da degno contraltare a quello di Rosy De Palma, pure presente in un cameo.
Un film godibilissimo, anche se non mancano alcune forzature nella sceneggiatura per contestualizzare le vicende del Don Chisciotte, un film divertente, un film profondo, un film che speriamo riesca a produrre un po’ di pedagogica follia in ognuno di noi.
Marco Marchetti,ecodelcinema.com