Lynch/Oz - Cineclub Arsenale APS

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LYNCH/OZ

di Alexandre O. Philippe

Durata: 108'
Luogo, Anno: USA, 2023
Cast:


Sinossi

Non ci sono dubbi che David Lynch sia il regista più enigmatico e visionario del cinema contemporaneo. Artista eclettico, negli anni è passato dall'arte, al cinema, alle serie tv lasciando sempre il segno e molti interrogativi ai suoi ammiratori. Se c'è, però, un filo rosso che accomuna molte delle sue opere, è il riferimento a Il mago di Oz, il film di Victor Fleming diventato uno dei più emblematici della storia del cinema, che incanta grandi e piccini fin dalla sua uscita, nel 1947. La storia di Dorothy, trasportata da un tornado dal monocromo Kansas al meraviglioso e colorato Oz e che cerca in ogni modo di tornare a casa, ha segnato in maniera indelebile non solo milioni di spettatori in tutto il mondo, ma soprattutto la mente rivoluzionaria di David Lynch. Alexandre O. Philippe ci guida in questa dichiarata ossessione del regista di Mullholland Drive attraverso l'analisi di diversi esperti che mettono in luce con originalità questo legame, stuzzicando i fan più affezionati del regista. Pronti a volare anche voi verso Oz?


Critica

Il classico diretto da Victor Fleming (insieme a George Cukor, Mervyn LeRoy, Norman Taurog, King Vidor) ha creato un immaginario estremamente potente che ha suggestionato intere generazioni per diversi decenni. Lynch/Oz di Alexandre O. Philippe propone questo confronto per tentare di decodificare l’intera filmografia lynchana e omaggiare uno dei film più citati della storia del cinema. A prendere la parola in sei capitoli tematici distinti, sono la critica Amy Nicholson e i seguenti cineasti: Rodney Ascher, John Waters, Karyn Kusama, il duo Justin Benson-Aaron Moorhead e David Lowery.

Se a Nicholson è affidata la parte introduttiva riguardo il contesto dell’opera e l’influenza sull’immaginario collettivo, gli altri hanno una maggiore libertà di movimento che sfruttano per raccontare il proprio rapporto col duo Lynch/Oz e fornire una chiave di interpretazione personale. Si passa in un lampo da un film all’altro e da una suggestione all’altra, tanto che in certi momenti non si riesce a stare dietro all’immagine, ma è un piacere più che una fatica. Le opere maggiormente “saccheggiate” sono Cuore Selvaggio, Velluto blu e l’universo Twin Peaks nelle sue varie forme (Fuoco cammina con me e Twin Peaks – Il ritorno). C’è chi utilizza un approccio più rigoroso, come Kusama e la sua riflessione sul doppio e dopplegangers (i personaggi di Oz tra realtà e fantasia/i personaggi di Mulholland Drive tra realtà e sogno), e chi come John Waters utilizza l’ironia per creare un triplice accostamento tra lui, Lynch e Oz. Le immagini che restano più impresse sono forse quelle materiali, come le scarpette rosse di Dorothy che ritornano spesso e volentieri ai piedi dei protagonisti lynchani, oppure le onnipresenti tende di velluto, porte di un altromondo dove tutto è possibile e niente è realtà. Ognuno ha la sua chiave interpretativa, ma il senso resta il medesimo, il cinema di David Lynch così come lo conosciamo non sarebbe mai esistito se in quegli anni di maturazione non avesse incontrato il mondo di Oz. Proprio a questo si riferisce David Lowery quando riconosce la forte influenza ricevuta dal cinema di Spielberg durante la sua infanzia. Ogni cineasta ha la sua stella polare, quell’autore o quel film talmente assimilato e digerito da sgorgare involontariamente nel proprio cinema.

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