Morto Stalin, se ne fa un altro - Cineclub Arsenale APS

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MORTO STALIN, SE NE FA UN ALTRO

di Armando Iannucci

Durata: 106'
Luogo, Anno: Francia, 2017
Cast: Steve Buscemi, Michael Palin, Jeffery Tambor, Jason Isaacs, Simon Russell Beale, Olga Kurylenko


Sinossi

Nella notte del 2 marzo 1953, c'è un uomo che sta morendo. Non si tratta di un uomo qualunque: è un tiranno, un sadico, un dittatore. E' Joseph Stalin, il Segretario Generale dell'Unione Sovietica (che forse in questo momento si sta pentendo di aver fatto rinchiudere nei Gulag tutti i medici più capaci...). E' lì lì, non ne avrà ancora per molto, sta per tirare le cuoia... e se ti giochi bene le tue carte, il suo successore potresti essere tu!


Critica

Diretto da Armando Iannucci e scritto dallo stesso con David Schneider, Ian Martin e Peter Fellows, a partire da una sceneggiatura originale di Fabien Nury, Morto Stalin, se ne fa un altro racconta di quando Joseph Stalin, l'uomo che aveva governato l'Unione Sovietica per 33 anni, ebbe un ictus il 2 marzo del 1953, e cominciò una lotta spietata per la successione tra i suoi sottoposti, ognuno dei quali cercò di scavalcare i rivali con abili manovre e assicurarsi di eliminarli prima della morte del leader supremo e della nomina del suo successore. Nei due giorni di zuffa per il potere, quegli uomini adulti furono accecati dalla follia, dal vigliacco egoismo e dalla bassa disumanità.

Con la direzione della fotografia di Zac Nicholson, le scenografie di Cristina Casali, i costumi di Suzie Harman e le musiche di Christopher Willis, Morto Stalin, se ne fa un altro è una commedia nera che fa satira sul potere e sul totalitarismo. Raccontando di eventi incredibili ma veri, Morto Stalin, se ne fa un altro fa riferimento alla graphic novel La morte di Stalin (e al suo seguito, Volume 2 - Il funerale) di Fabien Nury e Thierry Robin, pubblicata in Italia da Mondadori. Consapevole che per trarre un film dal fumetto bisognava trovare un delicato equilibrio tra la comicità dell'assurdo che fa parte del mondo del dittatore e l'indicibile brutalità su cui si basava il suo regime totalitario, il regista Armando Iannucci spiega: "Il mio intento era quello di girare una tragi-commedia, nel senso che la commedia e la tragedia sono presenti durante tutto il film, spesso contemporaneamente nella stessa scena, perché la situazione era davvero quella. Abbiamo fatto delle ricerche sulla Mosca degli anni '40 e '50 ed era un periodo orribile: chiunque conosceva qualcuno che era stato spedito in un gulag o a cui avevano sparato. L'intento era rendere il film divertente, ma allo stesso tempo snervare lo spettatore. Sapevo che dovevamo essere estremamente rispettosi del fatto che milioni di persone sono state uccise o sono scomparse, e non è qualcosa che si può ignorare o spiegare con una battuta. Bisogna prenderne atto consciamente in ogni fase del film".

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