Nour - Cineclub Arsenale APS

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NOUR

di Maurizio Zaccaro

Durata: 92'
Luogo, Anno: Italia, 2020
Cast: Sergio Castellitto, Linda Mresy, Valeria D'Obici


Sinossi

A Lampedusa sbarcano migranti. Quelli che riescono a toccare la terraferma, quantomeno. Molti invece muoiono annegati, o per ipotermia. Altri ancora arrivano lì, ma sono stati separati dalla rispettiva famiglia: come Nour, una ragazzina siriana costretta dalla guerra a lasciare la propria patria, rimasta senza la madre Fatima. Pietro Bartolo, il dottore che si occupa di soccorrere i migranti, prende a cuore il caso di Nour.


Critica

 Lampedusa, terra di confine. Luogo della speranza e della sua frustrazione: l'"isola del sale" è stato teatro negli ultimi anni di sbarchi di moltitudini di esseri umani, quasi mai trattati come tali e disposti a tutto per la possibilità di un futuro migliore.  Nour di Maurizio Zaccaro, nella sua semplicità di linguaggio e umiltà di atteggiamento, può vantare diversi meriti. In primis quello di affrontare la vicenda attraverso un caso esemplare, senza presentare verità assolute o facili manicheismi. Anche il personaggio più vicino a incarnare la figura di villain, lo scafista senegalese Sandy, ha modo di esporre il suo punto di vista, attraverso un confronto deciso con Bartolo; e così per una giornalista, che ha la possibilità di smentire il pregiudizio del dottore con i fatti, dimostrando un'umanità che va al di là del sensazionalismo da ricerca dello scoop a tutti i costi.  Zaccaro ritorna a lavorare con Sergio Castellitto, dopo il film tv Il sindaco pescatore, e ritorna sul tema dell'immigrazione dopo L'articolo 2. Nour trae spunto da una vicenda realmente accaduta e raccontata in "Lacrime di sale", scritto dallo stesso Bartolo insieme a Lidia Tilotta a coronamento di un infaticabile lavoro di soccorso e assistenza, fisico e spirituale, svolto dal medico a Lampedusa.  Il suo cinema apparentemente prosaico si rivela nuovamente vincente in Nour, dove la polifonia di personaggi e relativi pareri prova a ricostruire le mille sfaccettature di un dramma in cui è più semplice additare presunti colpevoli che trovare delle soluzioni concrete.  I confronti di Bartolo con padre Giovanni o con altri "scettici" rappresentano altrettante occasioni per ridiscutere il nostro ruolo di occidentali privilegiati di fronte a una situazione apparentemente senza via di uscita, e che riguarda tutti noi. Come in una breve scena ambientata in un bar di Lampedusa, quando finalmente Bartolo trova il modo di sedersi e dimenticare, per un attimo, l'affanno continuo tra le corsie dell'ospedale. È qui che un fotoreporter confessa al medico di "votare a destra", perché terrorizzato da quel che avviene in città come Ferrara, in cui la mafia nigeriana si è impossessata di un intero quartiere. E Bartolo, anziché presentare facili risposte, ascolta, capisce, solo in parte smentisce.  Anche questo apparentemente "indifendibile" punto di vista, secondo la vulgata corrente, ha luogo di esistere nella concezione orizzontale e attenta alle contraddizioni di Zaccaro. Per questo sarebbe semplicistico e miope accanirsi contro i limiti di messa in scena o di budget di Nour, così come attaccarlo per una "televisività" da fiction di prima serata. Il linguaggio del regista, dimesso e vicino alla quotidianità del piccolo schermo, è volutamente privo di ogni orpello autoriale, di qualunque possibilità di strumentalizzare la tragedia per metterla al servizio di un mero esercizio di stile. Zaccaro segue la lezione di Ermanno Olmi, a cui Nour è dedicato: un cinema etico parte innanzitutto dall'umiltà, dal fatto di non voler piegare la realtà o, peggio, la tragedia umana al proprio volere di autore.

Emanuele Sacchi, MyMovies