Parasite - Cineclub Arsenale APS

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PARASITE

di Bong Joon-ho

Durata: 132'
Luogo, Anno: Corea del Sud, 2019
Cast: Song Kang-ho, Sun-kyun Lee, Choi Woo-Sik, Hyae Jin Chang, Park So-dam.


Sinossi

Vincitore di 4 Premi Oscar (Miglior Film, Miglior Regista, Miglior Sceneggiatura originale e Miglior Film Internazionale)

Ki-woo vive in un modesto appartamento sotto il livello della strada. La presenza dei genitori, Ki-taek e Chung-sook, e della sorella Ki-jung rende le condizioni abitative difficoltose, ma l'affetto familiare li unisce nonostante tutto. Insieme si prodigano in lavoretti umili per sbarcare il lunario, senza una vera e propria strategia ma sempre con orgoglio e una punta di furbizia. La svolta arriva con un amico di Ki-woo, che offre al ragazzo l'opportunità di sostituirlo come insegnante d'inglese per la figlia di una famiglia ricca: il lavoro è ben pagato, e la villa del signor Park, dirigente di un'azienda informatica, è un capolavoro architettonico. Ki-woo ne è talmente entusiasta che, parlando con la signora Park dei disegni del figlio più piccolo, intravede un'opportunità da cogliere al volo, creando un'identità segreta per la sorella Ki-jung come insegnante di educazione artistica e insinuandosi ancor più in profondità nella vita degli ignari sconosciuti.


Critica

Si ride di gusto, in "Parasite", ma si ride amarissimo. Il film è intessuto di sequenze strepitose, molte delle quali (e sono tante) vantano un climax drammaturgico inesorabile, irresistibili meccanismi a orolegeria. Il film è diretto con impeccabile perizia, tutto il registro linguistico scelto da Bong è di alto livello, dalla composizione delle inquadrature alla geometria dei carrelli, dal montaggio al montaggio interno alle inquadrature (anche i quadri sono costruiti con precisione geometrica, tra campo e fuoricampo, primo piano e secondo piano). Da segnalare poi un memorabile contrappunto musicale spesso in antitesi all'intonazione delle scene: si va da Beethoven al pop italiano, con un gusto tale per l'antifrasi da rasentare la genialità di Kubrick in "Arancia Meccanica" (concedeteci il riferimento, non l’accostamento) più che il semplice divertissement postmoderno.

Stefano Santoli, Ondacinema.it