Per mio figlio - Cineclub Arsenale APS

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PER MIO FIGLIO

di Frédéric Mermoud

Durata: 90'
Luogo, Anno: Francia, 2016
Cast: Emmanuelle Devos, Nathalie Baye, David Clavel, Diane Rouxel


Sinossi

Diane Kramer ha un’unica ossessione: trovare il conducente della Mercedes color caffè che ha investito e ucciso suo figlio, devastandole la vita. Con una valigia, poche cose e una pistola, si trasferisce nella città in cui abita l’elegante donna bionda, proprietaria di una profumeria, sospettata dell’omicidio. Diane, in cerca di vendetta, si insinua nella vita della donna, ma il suo progetto si rivela molto più complicato del previsto.


Critica

Per il suo secondo lungometraggio Frédéric Mermoud adatta per il grande schermo il romanzo di Tatiana Rosnay Moka, un thriller accattivante e seducente che mette in scena una donna lacerata dalla perdita di un figlio. Mermoud decide di “fare sua” questa storia di vendetta, feroce e radicale, che da Parigi e Biarritz si trasferisce al confine franco svizzero (tra Evian e Losanna). Un cambiamento geografico fondamentale che regala al film un tono misterioso e malinconico che ricorda a tratti Hitchcock e Polanski. Il lago Lemano, sorta di frontiera acquatica tra due universi: la vita di Diana a Losanna e l'apocalisse vendicativa dopo la morte del figlio, a Evian, diventa metafora di una vita che da calma e serena (in apparenza) si trasforma in tempesta. Malgrado la bellezza quasi irreale delle immagini, si percepisce  fisicamente il pericolo. Diane è un personaggio ambiguo di un'eleganza austera che tocca nel profondo, come il lago stesso. Mermoud bracca letteralmente, con insistenti e ripetuti primi piani, la sua eroina hitchcockiana, come a voler sondare il mistero della sua ossessione vendicativa. Cosa si nasconde realmente nella sua mente? Porterà a termine il suo piano machiavellico? La fotografia intensa e incredibilmente contrastata dei paesaggi (ottimo lavoro di Irina Lubtchansky) diventa a tratti pittorica, irreale. La forza delle immagini di Moka risiede giustamente in questa “irrealtà” rivendicata, in una ricerca volontaria di “teatralità”. Quello che interessa Mermoud, al di là della storia, è l'intensità dei personaggi che nascondono, dietro un'apparente “non chalance” a tratti cliché una complessità a fior di pelle. Niente è come sembra, ecco cosa il regista sembra volerci dire, sorta di marionettista di una storia che sembra costruita ad incastro, come una matrioska. Moka è un film che, come il precedente Complices, indaga il tema della ricerca della verità e del conseguente confronto con il proprio mondo interiore fatto di luce ma anche e soprattutto di ombre. Una dolce e inaspettata tensione sembra sprigionarsi dall'ultima fatica di Mermoud, senza fretta, come a volerne assaporare il gusto.
Muriel Del Don, Cineuropa.org