Critica
Ry Russo-Young è una regista emblematica nel suo genere, perché appartiene a quella schiera di giovani registi indipendenti il cui approdo principale per i primi film è il Sundance Film Festival e le cui tematiche ruotano ripetitivamente (ma -dice il film- non è un difetto, è un'opportunità) attorno all'idea del diventare se stessi, inteso come processo permanente, come ricerca. In Prima di domani quest'idea è centrale ed esplicita, sta scritta a caratteri ben leggibili sulla parete di un muro, dentro una stanza vietata, non a caso, agli estranei. E la protagonista del film è una ragazza che non ha mai fatto molto caso agli altri, a quelli estranei al suo gruppo di teenager belle e popolari (ed etnicamente corrette), prima che la sorte la obblighi con la forza a farlo.
Non si può non pensare a Ricomincio da capo, ma è chiaro che tra il giorno della marmotta e il giorno dei cupidi passano decenni, non solo in senso cronologico. La parabola di Bill Murray, insopportabile Scrooge, e quella di Zoey Deutsch, ragazzina cui va tutto apparentemente troppo bene, si trovano all'opposto per genere, stile e risultato finale: abbastanza lontani, dunque, da evitare il confronto, cosa che per il film della Russo-Young è un bene: può trovare il suo spazio di originalità come teen movie.
È facile, infatti, interpretare l'addio della protagonista al mondo e ai suoi affetti come un addio ad un'età della vita, pre-maturità, quell'età, che non si può però protrarre per sempre, in cui non ci si è ancora trovati (o uscire allo scoperto è ancora socialmente troppo rischioso) e il gruppo di amici funge allora da barriera di protezione e da nascondiglio.
Marianna Cappi, mymovies.it