PRINCIPI E PRINCIPESSE - Cineclub Arsenale APS

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PRINCIPI E PRINCIPESSE

di Michel Ocelot

Durata: 67'
Luogo, Anno: Francia, 1999
Cast:


Sinossi

Una raffinata fiaba d’animazione ispirata alla tecnica del teatro d’ombre. In un vecchio cinema, un ragazzo e una ragazza inventano e mettono in scena sei racconti che prendono vita sullo schermo, trasportandoci dall’Antico Egitto al Medioevo, dal Giappone ai mondi incantati delle favole e a quelli futuristici della fantascienza. Maestro dell’animazione contemporanea, autore di capolavori già considerati classici come Kirikù e la strega Karabà, Michel Ocelot raggiunge vette inarrivabili di bellezza e poesia attraverso l’uso delle silhouette. Un cinema che ha l’artigianalità d’antichi mestieri, capace di colmare la semplicità dei mezzi con la potenza dell’affabulazione e la leggiadria delle immagini. Un film raro e prezioso che appassiona i bambini e affascina gli adulti. Un film che trasmette bellezza. E l’educazione al cinema è anche educazione alla bellezza delle immagini e delle storie.


Critica

Principi e principesse è improntato sulla ricerca della bellezza e della purezza delle origini, origini della narrazione e origini del cinema. Nel film, le origini della narrazione sono nella fiaba e nel racconto orale. Viene ripresa la struttura tipica delle fiabe, con le figure (eroe, antagonista, aiutanti positivi e negativi, donatori) e gli elementi fondamentali (il viaggio, le scoperte, le missioni da compiere, gli ostacoli da superare, le trasformazioni, gli oggetti magici). Il percorso dei protagonisti delle fiabe narrate è un percorso iniziatico di scoperta, conoscenza, formazione. Ocelot rilegge la fiaba tradizionale in chiave femminista, esaltando il ruolo della donna: le principesse e le regine non sono solo oggetto del desiderio maschile, ma protagoniste che detengono il potere e prendono le decisioni. Nel film, le origini del cinema sono nel teatro d’ombre, con un’animazione il cui risultato finale è una sorta di teatrino con sagome nere che si muovono su sfondi monocromatici. Nella storia del cinema troviamo esempi simili risalendo alle opere di Lotte Reininger, autrice del film che meglio rappresenta questa tecnica, Il principe Achmed (1929): da quest’opera nacquero i film di ombre cinesi, un genere del cinema d’animazione di cui i lavori della Reininger sono il principale modello. Ma il teatro delle ombre animate ha una storia molto più antica: era presente nell’antico Egitto, in Babilonia, nelle antiche civiltà della Cina, dell’India, di altre zone del Medio ed Estremo Oriente; ebbe diffusione anche in Europa tra ’700 e ’800. Dal teatro d’ombre discendono la lanterna magica del ’600 e il fantascopio del ’700, altri due antenati del cinema. Con questo film, Ocelot aspira a ridestare la purezza originaria del cinema: per questo la cornice è situata in una sala in disuso, simbolo di un cinema abbandonato e dimenticato, di cui l’autore riscopre il fascino.

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