Critica
La natura di Relève è la leggerezza. C'è leggerezza nell'urto tra l'anticonformismo di Benjamin Millepied e l'immobilismo dell'istituzione, senza che il film, elegante fino alle punte, si avventuri a sostenere l'uno o l'altra. Ma facciamo un pas de deux indietro. Formatosi alla scuola americana e a suo agio con mecenati e nomi celebri (Forsythe o Baryshnikov), Benjamin Millepied è nominato directeur de la danse a l'Opèra de Paris. Nel novembre del 2014 succede a Brigitte Lefèvre, che aveva diretto la compagnia per vent'anni, e promette di rivoluzionare i codici della danza classica e di 'spolverare' la danza francese. Per la sua rivoluzione bastano un computer, un telefono, una t-shirt, un paio di scarpe da ginnastica e un angolo di tavolo. Perché Benjamin Millepied è una sferzata di vigore, è ambizione che eleva e trasfigura. Un artista che non smette di riflettere, creare a voce alta o di dentro. Si guarda intorno, assimila, fotografa, filma tutto, ascolta i suoni, analizza i video, verifica i passi, scompone i gesti, li cerca, li accenna, osa, sbaglia, ricomincia, cade, si rialza, sperimenta, guarda altrove, altri continenti o altre strade, fa uno schizzo, disegna, prende nota, si documenta, visiona i balletti classici e contemporanei, studia altre esperienze corporali, pesca ovunque fino a trovare quello che fa la differenza, il successo, dell'Opèra, di Parigi, della Francia. Niente è vietato, tutto è permesso. A contare non è il prestigio, è la libertà.
Figlio di una ballerina e di un atleta agonista, l'uomo dai mille piedi (nomen omen) ne infila uno in un ingranaggio temibile: il sistema istituzionale e amministrativo francese con le sue ottusità e le sue gerarchie, i suoi processi e le sue processioni, le lunghe e lente attese di approvazioni formali per ottenere un oggetto di scena, il suo potere inquadrato e il suo contropotere di facciata, quei sindacati più preoccupati di sabotare che di occuparsi della salute dei ballerini e del loro ecosistema. Millepied accorda una grande importanza al corpo di ballo in cui coltiva una nuova leva di eccellenze, quella che ispirerà altre generazioni di ballerini nel mondo, quella che donerà il proprio nome a uno studio di prova, quella che a suo turno immaginerà un balletto o dirigerà una troupe, quella che crescerà in Francia o altrove condividendo con gli altri la propria eccezione culturale. Il coreografo aggiorna le condizioni di lavoro, rinnova i parquet per ammortizzare i salti, obbliga i ballerini al controllo medico, promuove la diversità etnica, soggetto ancora tabù, e traghetta gli antichi velluti nell'era della comunicazione digitale.
Marzia Gandolfi, Mymovies.it