Sanjuro - Cineclub Arsenale APS

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SANJURO

di Akira Kurosawa

Durata: 95'
Luogo, Anno: Giappone,1962
Cast: Toshirô Mifune, Tatsuya Nakadai, Takashi Shimura, Takako Irie, Keiju Kobayashi


Sinossi

Un gruppo di giovani samurai, guidato da Iori, crede che il ciambellano Mutsuda - zio dello stesso Iori - sia corrotto e cospiri contro il daimyo locale e così si affida al sovrintendente Kikui per risolvere la faccenda. Ma come il ronin senza casa né padrone Sanjuro capisce subito, è vero l'esatto opposto: è Kikui la mela marcia, e i ragazzi stanno per finire in una trappola mortale. Con i suoi modi spicci e la sua lingua poco forbita, Sanjuro guadagna in breve tempo la fiducia dei giovani e decide di guidarli verso la difficile risoluzione della faccenda, complicata dalla massiccia truppa di spadaccini assemblata da Kikui.


Critica

Sanjuro è un sequel collocato in un tempo indeterminato, tanto che potrebbe pure essere un prequel: il sistema feudale ritratto, infatti, potrebbe far pensare a una situazione storica antecedente rispetto a quella ritratta nell'apocalittico Yojimbo, in cui l'epoca Tokugawa appare sempre più lontana e compaiono le temute armi da fuoco. Il nostro eroe presenta dei tratti ricorrenti, interiori - la profonda saggezza che lo porta a intuire sempre la prossima mossa dei cattivi - ed esteriori - la camminata e le scrollate di spalla - e ancora una volta, quando gli viene chiesto il nome, risponde prendendolo dal primo albero che gli capita a tiro. In Yojimbo era Sanjuro Kuwabatake, ossia "gelso di trent'anni", qui è Sanjuro Tsubaki, ovvero "camelia di trent'anni", con una scelta che si rivelerà cruciale nel prosieguo della vicenda; laddove in Yojimbo era disilluso e svogliatamente costretto dalle circostanze a esercitare il proprio codice d'onore, qui Sanjuro si lascia coinvolgere dopo aver origliato di un'ingiustizia, desideroso di aiutare un gruppo di giovani e sprovveduti samurai che sarebbero spacciati senza una guida spirituale dalla katana infallibile. Il ronin sembra detenere quel quid di disillusione e indipendenza che gli permette di osservare dall'esterno il rigido mondo feudale nipponico, squassato dalla corruzione, e leggere ogni intrigo e cospirazione come se si trattasse di un libro aperto.

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