Critica
Scialla scialla, stai sereno. Luca lo ripete di continuo, alla madre, ai professori, a quello strano tipo svagato che gli da ripetizioni di latino e greco. (...) Francesco Bruni sceneggiatore di molto cinema italiano - da Virzì a Calopresti - per il suo esordio da regista punta sulla commedia, ma una cosa va detta subito: 'Scialla', a Venezia vincitore della sezione Controcampo italiano, non è l'ennesimo film sugli adolescenti trasformati in tormentoni da commedia in tanti film nostrani. Il suo protagonista è un ragazzino, a cui Filippo Scicchitano, vera scoperta, sa trovare i toni giusti di verità, lo sguardo del regista però è piuttosto quello di Bruno, il professore disarmato, che Fabrizio Bentivoglio calibra con rara bravura. È lui a 'raccontarci' il ragazzo e i suoi coetanei, pure se non c'è io narrante dichiarato. E questo permette a Bruni di osservare le cose da una doppia angolazione, senza pretese di spiegare, con l'ammissione di inadeguatezza e quel tanto di giusta critica verso chi pontifica sui 'giovani', tipo i professori del ragazzo - salvo poi non sforzarsi nemmeno un po' a cercare un rapporto di reciprocità. La scelta di regia è evitare il racconto corale, mettendo in scena un confronto a due che è tra generazioni, tra padre e figlio, tra diverse visioni della vita, della realtà, del maschile. Lo spazio di questo confronto è la parola, 'Scialla!' è infatti un film costruito sulla scrittura, un film che però non lo ingabbia. Non è una scrittura dimostrativa, non vuole ammiccare a questo o a quello stereotipo e anche quando accade, e soprattutto come accade in tanti film italiani, non si ha mai l'impressione che il film sia una illustrazione della sua sceneggiatura. Al contrario il flusso della storia corre libero, come il motorino del ragazzino nei suoi giri furibondi per la città, Roma. L'organizzazione della sequenza narrativa permette piuttosto di divagare, Bruni si diverte a punteggiarla di tipologie, dall'ex-allievo spacciatore in stile serie tv del professore che invita le ragazze per guardare 'Fuori orario' alla coppia dei baristi impiccioni, senza perdere di vista la scommessa iniziale, il ragazzo e il professore e le infinite sfumature che appaiono in questo incontro: una allegria impalpabile, lieve e spudorata. Per questo ci credi sempre.
Cristina Piccino, Il Manifesto, 18 novembre 2011