Shining - Cineclub Arsenale APS

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SHINING

di Stanley Kubrick

Durata: 119'
Luogo, Anno: Gran Bretagna, 1980
Cast: Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd


Sinossi

Jack Torrance - ex istitutore e scrittore in crisi con tendenza all'alcoolismo - nella speranza di ritrovare se stesso e l'ispirazione accetta di fungere da custode per la stagione invernale dell'immenso e deserto Hotel Overlook, sulle Montagne Rocciose. Dieci anni prima, in analoghe circostanze, un uomo, prima di suicidarsi, ha fatto a pezzi le due figliolette e la moglie. Jack è al corrente dei precedenti, ma non se ne cura e raggiunge il posto con la moglie Wendy e il figlioletto Danny di sette anni. Il cuoco di colore Hallorann, dotato di "luccicanza" o preveggenza come Danny, è l'unico a temere il peggio. In realtà, mentre scorrono le settimane, Danny rimane sempre più spaventato poiché, con le sue doti parapsichiche, vede fiumi di sangue scorrere e incontra personaggi della tragedia di dieci anni prima. Jack, sempre più stralunato, scrive all'infinito la stessa frase: "Il mattino ha l'oro in bocca". Wendy Torrance tenta di salvare il figlio e se stessa quando Jack cade preda di raptus omicida. Hallorann, allarmato per la mancanza di notizie e di comunicazioni, giunge all'hotel in tempo per subire l'aggressione del pazzo e per porgere agli altri due una via di salvezza. Jack finirà nel grande labirinto del giardino grazie all'infantile astuzia di Danny.


Critica

Capolavoro dell'horror, è uno dei più contorti film di Kubrick, uno dei più zeppi di simboli, metafore, raffinatezze stilistiche, e forse il meglio recitato in assoluto. Jack Nicholson non solo offre la sua miglior performance, ma realizza un capolavoro di recitazione come raramente se ne sono visti sul grande schermo. Malgrado il suo istrionico titanismo, l'ottima Shelley Duvall non gli è da meno, anzi è superba nella sua totale subordinazione alla star che domina la scena. Il piccolo Danny Lloyd è spontaneo e convincente. Come sempre è stato nel corso della sua filmografia, anche in questo caso il libro da cui è tratto il film è solo uno spunto dal quale Kubrick parte per elaborare la propria personale visione. Inutile dunque un paragone col romanzo di King, poichè si tratta di cose diverse. Poco interessato alle meccaniche classiche del racconto di spavento, il regista prende in mano una storia fantastica per raccontare quelle che sono le sue ossessioni, innanzitutto il predominio della visione sulla scrittura, della vista sulla parola: lo scrittore è in crisi creativa e diviene succube delle visioni. Anche il bambino ne è vittima ma lui vi si oppone e con fatica riesce a contrastarle. Come dire che le nuove generazioni, cresciute in un mondo dominato dal potere dell'occhio (del cinema?) possono imparare a conviverci e a non esserne soppiantati, mentre per il vecchio mondo è ormai la fine. La crisi della ragione è un altro tema importante in Kubrick ed è ovviamente il concetto fondante del film, in cui domina la figura del labirinto (addirittura fisicamente presente, mentre in film precedenti poteva essere identificabile con la struttura temporale o con alcuni ambienti caotici, basti pensare al deposito di manichini alla fine de Il bacio dell'assassino) in cui Torrance è destinato a perdersi per sempre, a non trovare più l'uscita e quindi a subire la condanna di un eterno ritorno (vedi l'enigmatico finale). E' infine un film sui limiti stessi del cinema, ovvero l'illusione di dominare spazio e tempo racchiudendoli nei confini dell'inquadratura di una cinepresa per essere padroneggiati a piacere dal regista. Questa è solo un'altra illusione: la scansione temporale è totalmente allucinata, ed i giorni e le ore in cui il film è suddiviso compaiono in maniera assolutamente confusa e per nulla chiarificatrice. Per non parlare dell'impossibilità del controllo dello spazio: L'albergo stesso è un'enorme labirinto, fatto di lunghissimi corridoi tutti uguali in cui si ripetono gli stessi ambienti, in modo che farsi una mappa mentale del luogo sia assolutamente impossibile. Questa ricchezza di temi è supportata da una realizzazione tecnica eccezionale, come sempre accade in Kubrick: colonna sonora, fluidità di riprese (grazie all'uso della steadycam), fotografia, tutto senza sbavature. Shining è uno degli apici di Kubrick (assieme a Lolita e 2001: odissea nello spazio), ed è forse il miglior horror di tutti i tempi.

Alessandro Giovannini, Storiadeifilm.it