Critica
La realtà può essere raccontata in tanti modi diversi. Si può rappresentare con la concretezza che offre un approccio documentaristico o ricostruire con gli strumenti del cinema di finzione, ri-raccontando i fatti in versione romanzata. Oppure, ancora, si può far ricordo all'immaginazione, immergendosi nell'allegoria e nel simbolismo, per evocare i drammi della nostra realtà e riproporli in modo creativo. Un approccio, quest'ultimo, che richiede una spinta autoriale maggiore, un punto di vista forte, una capacità di filtrare il mondo in cui viviamo attraverso le proprie lenti ed il proprio stile.
Sicilian Ghost Story racconta infatti di un tenero amore, quello tra i due compagni di classe Luna e Giuseppe, appena sbocciato e fermato sul nascere dalla scomparsa del ragazzo. Una sparizione con cui Luna non riesce a fare i conti, incapace di comprendere i silenzi che la circondano e come facciano tutti, nel suo piccolo paese, a voltare lo sguardo con indifferenza e omertà, senza ficcare il naso in faccende che non riguardano solo il ragazzino scomparso, ma anche suo padre che è un pentito. Luna decide di non rassegnarsi, di ribellarsi ai silenzi che circondano il mistero, affrontando i pericoli del mondo oscuro che ha inghiottito il ragazzo, un territorio spaventoso che ha come surreale via d'accesso lo specchio d'acqua di un lago.
Grassadonia e Piazza arricchiscono il racconto di Sicilian Ghost Story di riferimenti favolistici, guidano la loro Luna attraverso fantasmi e visioni, una foresta incantata, un lago pervaso di magia, lo scontro con un cane feroce che sa di lupo cattivo. La sua stessa giacca rossa richiama l'abbigliamento di Cappuccetto Rosso, mentre il suo amato Giuseppe è da subito, fin dall'incipit, come il suo cavaliere.
La dedica finale è infatti chiara quanto esplicita e il riferimento è a Giuseppe Di Matteo, un caso di rapimento ben noto all'opinione pubblica italiana, tenuto prigioniero per tre anni prima di essere assassinato nel 1996 per impedire al padre di parlare. Sicilian Ghost Story parte da lì, raccontando i mostri di una terra magica in chiave fantastica, orchi che letteralmente mangiano bambini, nascondendoli dietro fantasmi immaginari che non possono, e non vogliono, nasconderli del tutto. Con lucidità e spinta creativa, Grassadonia e Piazza mettono insieme un'opera che riesce ad affascinare e commuovere lo spettatore, colpendolo con vigore nel profondo, molto più di quanto avrebbero potuto fare con una mera cronaca di fatti reali.
Antonio Cuomo, Movieplayer.it