Sotto accusa - Cineclub Arsenale APS

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SOTTO ACCUSA

di Jonathan Kaplan

Durata: 110'
Luogo, Anno: USA/Canada, 1988
Cast: Jodie Foster, Kelly McGillis, Carmen Argenziano, Leo Rossi, Steve Antin, Tom O'Brien


Sinossi

Tratto da una storia vera accaduta nel 1983 in Massachusetts, il film racconta il processo giudiziario di Sarah Tobias, cameriera in un bar che subisce uno stupro di gruppo tra l'incitamento generale di altri avventori. La procuratrice Kathryn Murphy che si occupa del caso accetta inizialmente un patteggiamento per lesioni colpose (escludendo così lo stupro) per i tre aggressori. Spinta da Sarah si rende conto di aver condotto superficialmente il caso e di portare a processo gli stupratori, instaurando così un legame di vicinanza e solidarietà con Sarah.


Critica

Passata con disinvoltura durante la prima adolescenza dalle fanciulle perbene della famiglia Disney alla baby prostituta Iris di Taxi Driver, Jodie Foster, poco più che ventenne, incontra il ruolo arduo e disagevole di una ragazza ai margini che diviene vittima di uno stupro. Se è vero che la narrazione lascia più spazio alla statuaria Kelly McGillis e alla battaglia della risoluta avvocatessa, è sulle più piccole spalle della Foster che si regge l'impegno civile del film ed è nella tragicità delle espressioni dei suoi occhi cerulei che va trovato il messaggio.

Sotto accusa rientra infatti pienamente nei parametri del legal thriller all'americana, ispirandosi ad un fatto realmente accaduto e scandendo il processo in tre atti (indagini, retroscena delle udienze e risoluzione del verdetto), ma, fortunatamente, la drammatizzazione della storia non fa appello solo alla sua giusta causa. La buona coscienza del progetto procede di pari passo con l'impegno degli attori, con un'immersione incalzante e realistica nelle logiche della giustizia e con l'idea, estremamente vincente, di ritardare fino all'ultimo momento lo sguardo sullo stupro di gruppo. Solo nel momento in cui un testimone chiave, osservatore silenzioso e codardo, trova il coraggio di raccontare la sua testimonianza (verbalmente nella narrazione, visivamente per lo spettatore), siamo obbligati a divenire a nostra volta osservatori inermi della violenza e a rifiutarla con tutte le forze.

In modo brutale ma quantomai funzionale, Jonathan Kaplan riesce a sfruttare l'esibizione della violenza come una terapia d'urto: pur con la solidità granitica della sua drammaturgia, Sotto accusa riesce a tracciare un segno là dove puntava e dove ve n'era la necessità.

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