Storia di un matrimonio - Cineclub Arsenale APS

loading...

STORIA DI UN MATRIMONIO

di Noah Baumbach

Durata: 136'
Luogo, Anno: USA, 2019
Cast: Scarlett Johansson, Adam Driver


Sinossi

Charlie, regista teatrale, e Nicole, sua moglie e attrice, sono sposati e hanno un bambino. Lei è una madre affettuosa e complice, lui un padre attento e presente. Ognuno apprezza l'altro, sia nei suoi pregi che nei difetti. La madre di Nicole adora Charlie a tal punto da considerarlo più un amico che un genero. Sembra il ritratto di una piccola famiglia perfetta, ma c'è qualcosa che non va. Un tassello si inclina, portando la coppia a quella che sembra l'unica soluzione alla loro infelicità: il divorzio. Entrambi fortemente competitivi, Charlie e Nicole dovranno affrontare tutti gli ostacoli di una separazione. Lui dovrà prendere atto che molto probabilmente vedrà meno suo figlio e decide così di lottare per il piccolo. Lei si renderà conto che dedicava, come un succube, tutta se stessa al marito, fino a sentirsi viva solo per alimentare la vitalità di lui. Mentre il bambino cerca di tenere uniti i genitori, i due adulti dovranno capire cosa fare, ma potranno riuscirci soltanto insieme...per comprendere che a volte la fine è solo l'inizio della storia.


Critica

Proprio quanto ti sembra che si stia spingendo troppo oltre - che stia giocando troppo con la commedia, o stia per diventare troppo melodrammatico, o quando la rabbia che s’impadronisce dei suoi protagonisti si possa trasformare in violenza eccessiva - ecco che Noah Baumbach si rivela capace della battuta d’arresto improvvisa, dello scarto laterale che modifica il tono. Di evitare la goccia che farebbe traboccare il proverbiale vaso. E per questo - oltre che per la scrittura e la regia nel loro complesso, e la bravura dei suoi attori il film risulta ancora più efficace, quasi devastante, in quei due o tre momenti dove invece spinge forte e senza trattanersi su un’emotività che si traduce inevitabilmente in commozione. Il trauma del divorzio Noah Baumbach l’ha vissuto sulla sua pelle, e si vede. Si sente. Dalle parole che vengono pronunciate, le situazioni che vengono evocate. Dalla sicurezza mai proterva o arrogante col quale gestisce il racconto e manipola - positivamente - le emozioni dei suoi personaggi e dei suoi spettatori.
L’approccio è scarno, pulito e rigoroso. Quasi naturalista. Teatrale nel migliore dei modi possibili, e che Charlie e Nicole siano stati uniti proprio dal palcoscenico, non è forse un caso. La macchina da presa si limita all’essenziale (tanto che, pure quando si concede i piani sequenza, quasi non te ne accorgi) e sta addosso alle due metà di un intero che non è più tale, e che devono imparare a riconoscersi, ricollocarsi e reincontrarsi passando attraverso una fase fatta di paure, spaesamenti, guerre, recriminazioni e un mare di dolore. Difficile, difficilissimo. Specie quando - e perché - c’è di mezzo un bambino. Il percorso è paradigmatico: la separazione quasi amichevole che diventa un divorzio complicato dalla rapacità degli avvocati, e dalla paura di perdere un figlio e molto altro, e poi la risoluzione, pur complicata, della vicenda. Dentro e lungo quel percorso, Baumbach è in grado di cristallizzare con precisione scientifica la complessità di quella cosa misteriosa che chiamiamo “amore”, di quell’organismo oscuro e multiforme definito “coppia” o “famiglia”, e della imprescindibile centralità che occupano nello spazio della nostra esistenza. Di cogliere e rappresentare la sostanza ultima delle cose, dei gesti e delle parole, senza mai banalizzarli. Quella sostanza che sta tutta in un cuore che batte, per rabbia, dolore o per amore. Che significa essere vivi.
Being Alive, come canterà Adam Driver.

Federico Gironi, Coming Soon