Tokyo-Ga - Cineclub Arsenale APS

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TOKYO-GA

di Wim Wenders

Durata: 92'
Luogo, Anno: Germania, 1985
Cast: Chishû Ryû, Werner Herzog, Yûharu Atsuta, Chris Marker


Sinossi

Un documentario di viaggio sul cinema giapponese e su Tokyo realizzato da Wenders con l’intento di omaggiare un maestro come Yasujiro Ozu e di verificare quanto è cambiato il suo Paese a vent’anni dalla morte. Da un lato, quindi, si riprendono gli aspetti più caratteristici del Giappone contemporaneo (dalle slot machine ai campi da golf sui tetti dei palazzi), mentre dall’altro si rievocano le atmosfere del cinema dell’autore di Viaggio a Tokyo, grazie anche alle interviste con il suo direttore della fotografia e con il suo attore preferito.«Se nel nostro secolo esistesse ancora qualcosa di sacro, se ci fosse qualcosa come un sacro tesoro del cinema, questo per me sarebbe il lavoro del regista giapponese Yasujiro Ozu: cinquantaquattro film, muti, in bianco e nero e poi a colori. Per me, mai prima di allora e mai più dopo, il cinema è stato così vicino alla sua essenza e al suo fine ultimo: presentare un’immagine dell’uomo contemporaneo, un’immagine fruibile, vera e valida, in cui non solo esso si possa riconoscere, ma grazie alla quale, soprattutto, possa imparare qualcosa di sé».


Critica

Una visita ad una sala di Pachinko, l'osservazione di alcuni giovani che ballano Elvis, il tour delle strade di Tokyo costituiscono le parti salienti di un film che sancisce lo stato comatoso dell'identità nazionale giapponese: così magnificamente catturata da Ozu, così incredibilmente smarrita. E probabilmente è anche per questo che, ad un certo punto del film, la telecamera di Wenders indugia a lungo, in maniera quasi riflessiva, sulla preparazione del cibo di cera sotto gelatina: la metafora, pur se suggerita, è chiara e tristemente agghiacciante. Wenders disperso nella formicolante folla giapponese trova il nulla, la solitudine comunque lo avvolge, le sue immagini della città trasmettono tutto il suo disappunto "infantile", per qualcosa di tanto cercato, ma oramai irrimediabilmente svanito. Gli unici momenti veri, reali provengono ancora una volta da Ozu, nelle interviste ai suoi collaboratori, in particolare nella sentitissima confessione di Atsuta durante la quale questi si commuove nello spiegare le modalità di preparazione delle inquadrature di Ozu. Atsuta mostra le reliquie degli attrezzi che venivano utilizzati da Ozu durante le riprese e che egli continua a custodire come reliquie, dopo la morte del Maestro egli si è, infatti, rifiutato di lavorare con altri registi per non tradire la sua sacrale concezione del lavoro cinematografico.

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