VIAGGIO ALL'INFERNO - Cineclub Arsenale APS

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VIAGGIO ALL'INFERNO

di George Hickenlooper, Fax Bahr, Eleanor Coppola

Durata: 95'
Luogo, Anno: USA, 1991
Cast: Martin Sheen, Marlon Brando, Francis Ford Coppola


Sinossi

Le riprese di Eleanor Coppola (moglie del grande Francis Ford) sul set di Apocalypse Now, alternate a scene inedite (la cena dai coloni francesi) che poi verranno integrate in Apocalypse Now Redux. Ci sono anche interviste ai protagonisti del film 12 anni dopo le riprese. Un documentario che fa rivivere un'impresa folle e colossale durata quasi tre anni. Regista e attori si "denudano" di fronte alla macchina da presa e non distinguono tra finzione e realtà.


Critica

A Orson Welles si deve il primo tentativo di un film tratto da Cuore di tenebra. Ma il timore dei produttori di superare il budget ne impedì la realizzazione e il giovane regista rinunciò al film per dedicarsi a Quarto Potere. Nel 1969, la neonata Zoetrope di Francis Ford Coppola sposa l’idea di una trasposizione del romanzo ambientata nel Vietnam, con John Milius alla sceneggiatura e George Lucas alla regia. Ma nessun produttore si assume un simile rischio in piena Guerra del Vietnam e Coppola riesce a riprendere il progetto solo dopo i clamorosi successi de Il padrino I e II. È soltanto l’inizio del travaglio rappresentato in Viaggio all’inferno, l’avvincente documentario sui retroscena di Apocalypse Now, realizzato da Fax Bahr e George Hickenlooper a partire dal materiale fornito da Eleanor Coppola. La moglie del regista è infatti l’autrice di gran parte del girato e testimone, non solo oculare, di una delle produzioni più sofferte e straordinarie della storia del cinema. Quello documentato è un viaggio eccitante e inquietante al tempo stesso tra le nevrosi e gli incidenti che segnarono le riprese: una sorta di inesorabile entropia, parallela e speculare a quella affrontata dai protagonisti del film, destinata a tramutare il progetto iniziale in un calvario apparentemente senza fine. “Apocalipse when?” ironizzavano i giornali dell’epoca davanti al protrarsi indefinito della produzione. E mentre Coppola impegnava la propria casa pur di proseguire, affrontando a fatica la pressione di un film del quale già avvertiva la portata storica, sul set, nelle Filippine, accadde di tutto: dal licenziamento di Harvey Keitel che doveva interpretare Willard al tifone che devastò buona parte delle monumentali scenografie, dal progressivo esaurimento di Martin Sheen, culminato in un infarto, al budget milionario di Marlon Brando che si presentò senza mai aver letto Conrad e in disagevole sovrappeso. Un delirio produttivo più o meno catastrofico che il documentario ripercorre con abbondanza di materiali: alle riprese di Eleanor si alternano le registrazioni delle conversazioni con il marito, le foto di scena scattate sul set, fino alle immagini del film giustapposte a quelle provenienti dal Vietnam. Senza contare la girandola di interviste al cast, alla troupe e al co-producer, nelle parole dei quali il film diventa una creatura mutevole, ora esaltante, ora mostruosa, ora un’ingestibile dispendio di denaro. La progressiva “madness” dei protagonisti rispecchia, con lo scorrere dei mesi, anche quella degli interpreti e del regista stesso. Eppure, nonostante le avversità e un estenuante stress psicofisico, il progetto di Coppola prosegue la sua caparbia e spregiudicata impresa, sfidando la corrente, l’ostilità del governo USA e lo scetticismo dell’opinione pubblica, regalando con Apocalypse Now non solo il film emblema del cinema di guerra, ma anche di quel coraggio produttivo, contenutistico e di linguaggio che fu il cuore pulsante e rivoluzionario della New Hollywood.

Lisa Cecconi, mediacritica.it