Vivere - Cineclub Arsenale APS

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VIVERE

di Akira Kurosawa

Durata: 143'
Luogo, Anno: Giappone, 1952
Cast: Takashi Shimura, Nobuo Kaneko, Kyoko Seki, Makoto Kobori, Kumeko Urane, Yoshie Minami


Sinossi

Trent’anni di lavoro in un ufficio municipale hanno reso Watanabe un burocrate indifferente che trascina inutili giornate. Ma quando scopre di avere un cancro che gli lascia pochi mesi di vita, prima sprofonda nella disperazione, poi tenta di abbandonarsi a una notte di piaceri, infine si consacra a una causa civile, riscattando la sua esistenza.


Critica

Girato per il ventennale della Toho, dopo i capolavori Rashomon e I sette samurai, è uno dei vertici della filmografia di Akira Kurosawa. Il resto del mondo l'ha visto in ritardo, forse perché privo di samurai o gangster e quindi troppo "giapponese" per potere interessare all'estero. Niente di più sbagliato: Vivere è un film che risuona con incredibile intensità anche a più di mezzo secolo di distanza, una parabola amara sulla caducità dell'esistenza che ha la statura del classico, al pari di La vita è meravigliosa nel cinema o di "Racconto di Natale" in letteratura. L'inizio è sconvolgente per la brutalità dell'approccio: il primo frame che osserviamo è letteralmente una radiografia dello stomaco del protagonista, affetto da un tumore che ancora ignora di avere. Watanabe è, come racconta la voce narrante, un uomo che ha "smesso di vivere" da lungo tempo, immerso nelle scartoffie di un ufficio comunale e intento a preservare un lavoro di cui nessuno sentirebbe la mancanza, senza più un'oncia di passione o di interesse. Come Ebenezer Scrooge cambia indole prima che sia troppo tardi, rendendosi conto della sua meschinità, così Watanabe dimentica timbri e scartoffie e comincia finalmente a vivere e conoscere il mondo. Dapprima a lusingarlo sono gli eccessi della dissolutezza, attraverso serate alcoliche in compagnia di uno scrittore conosciuto per caso. Ma è solo un passaggio nella sua educazione alla vita, tardiva ma preziosa, che gli viene impartita proprio a un passo dalla fine, grazie alle attenzioni di una giovane collega piena di quella vitalità che ha abbandonato da tempo Watanabe. La maschera tragica del protagonista diviene per traslato il volto di un paese sconvolto, il Giappone sconfitto in guerra e controllato dagli americani come un bambino in castigo (i segni della colonizzazione sono un po' ovunque, tra locali jazz e balli).

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