Zombi - European Cut - Cineclub Arsenale APS

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ZOMBI - EUROPEAN CUT

di George A. Romero

Durata: 118'
Luogo, Anno: USA, 1979
Cast: Tom Savini, David Emge, Ken Foree, Scott Reiniger, Gaylen Ross
Copia restaurata da Koch Media


Sinossi

Negli Stati Uniti dilaga un'invasione di zombi, cadaverici redivivi dall'al di là, essere regrediti a uno stato di torpore animalesco, tesi alla ricerca di cibo (carne fresca dei viventi), deboli di forza e robusti di zanne, facili da abbattere, ma invulnerabili se non sono colpiti al cervello. Iniziata in media res l'azione si svolge in gran parte all'interno di un supermercato Penney dove si barricano tre uomini e una donna. Ideale continuazione di La notte dei morti viventi (1968), ma a colori e in suono stereofonico, è un'atroce e inquietante favola sull'America violenta (o sull'umanità?) e un'irridente metafora sulle società dei consumi.


Critica

Nessuno zombie-movie ha più toccato vette così alte, lasciando a questo film il podio di capostipite, insieme alle altre due magnifiche pellicole della Trilogia Romeriana. Imperdibile e assoluto.

Scrivere di un film come questo, il cult assoluto “Dawn Of The Dead”, capolavoro di George A. Romero targato 1978, significa addentrarsi nei corridoi spesso insidiosi del già detto e ripetuto decine di volte, talvolta attribuendo al film significati pindarici che non erano nelle intenzioni del regista. Ci si trova di fronte a una pellicola che è un vero caposaldo del genere nonché pilastro e riferimento primario per tutti quei film che sono venuti dopo, gli innumerevoli zombie-movies che a essa si sono in qualche modo ispirati, guardandola, inevitabilmente, dal basso verso l’alto.

“Dawn Of The Dead” è il secondo capitolo della fondamentale trilogia Romeriana sui morti viventi, nonché il primo film nel quale ci si riferisce ad essi col termine “zombies”, per mezzo delle parole del personaggio di Peter, in quanto il termine non era mai stato usato nel precedente “Night Of The Living Dead “ (1968); la prima pellicola, low budget girata in bianco e nero, aveva già segnato un fortissimo punto di rottura nella scena orrorifica dell’epoca, con un forte sottotesto politico (interpretato, da critica e pubblico, in maniera ancor più incisiva di quanto lo stesso Romero in realtà intendesse), i cruenti effetti speciali di Tom Savini che diventeranno un marchio di fabbrica, e l’ introduzione di una caratteristica fondamentale dei morti viventi, fino a quel momento inedita nei classici del genere: l’antropofagia. Infatti, gli zombies che si erano già visti sullo schermo, a opera di nomi illustri quali Jacques Tourneur (“Ho Camminato Con Uno Zombie”, 1943) o in pellicole cult come “White Zombie”, del 1932, firmata da Victor Halperin e interpretata da Bela Lugosi, erano per lo più legati alla tradizione ritualistica voodoo, minacciosi ma non affamati di carne umana; in Romero, assistiamo al contagio, chi è morso si trasforma, diventa a sua volta living dead, sbrana, divora. E’ differenza fondamentale, che resterà saldamente radicata nell’immaginario collettivo e sarà presente in ogni successiva rappresentazione filmica, per mezzo della quale le inquietanti idee di morbo e contaminazione si mescolano a due paure ataviche: quella dei morti che tornano in vita e il terrore dell’istinto cannibalico.

Il film segna l’inizio della collaborazione tra Romero e Dario Argento: i due registi si incontrarono nel 1976, e da lì nacque un sodalizio che, dopo questo film, proseguì tra alti e bassi, rivedendoli insieme per “Due Occhi Diabolici” (1990), pellicola della quale curarono un episodio a testa, entrambi tratti da Edgar Allan Poe.

Dawn Of Dead” può essere considerato, innanzitutto, un film sul Caos: lo stravolgimento assoluto dell’ ordine delle cose causato dall’ infrangersi della prima Legge Universale, ossia la Morte. “Quando i morti camminano, signori, bisogna smettere di uccidere. Altrimenti si perde la guerra.”, queste le parole di un anziano prete che Roger e Peter, due dei protagonisti, incontrano durante l’ irruzione in un edificio invaso dai living dead, in cui essi sono tenuti in uno scantinato invece che consegnati alla Guardia Nazionale (così come imporrebbe la Legge Marziale entrata in vigore), in segno di un ostinato rispetto per la morte.

Non è un caso che la narrazione si apra all’interno di una stazione televisiva, nella più totale confusione, nel corso di una trasmissione d’ emergenza; ci si focalizza dunque, e da subito, sull’importanza dei media, sul loro potere che, in questo caso, è non solo impotenza ma anche cinica ricerca dell’audience a ogni costo: è grottesco e risibile il direttore di rete che si ostina a voler trasmettere i dati sui campi di rifugio, sebbene non aggiornati, purché gli spettatori “non cambino canale”. C’è un’apocalisse in atto ma l’importante è che non si cambi canale. Romero riesce a essere feroce con un dettaglio, un accenno, sussurrando senza dover urlare, poiché non ne ha bisogno. Nel corso del film, il mezzo televisivo continua a essere presente, sebbene le trasmissioni siano ovviamente sempre più diradate, ma rappresenta, per i quattro protagonisti rinchiusi all’interno del centro commerciale, l’unica voce dal mondo esterno; ed è voce che spreca il suo fiato prezioso in dibattiti inutili nel corso di risse in diretta, con “esperti” che dichiarano la necessità di sterminare gli zombies mettendo da parte i propri sentimenti umani, poiché pur se ci si trova di fronte al cadavere deambulante della propria madre o del proprio fratello ovviamente “non sono più ciò che sembrano”. Tali teorie vengono attaccate con violenza e questi personaggi rischiano il linciaggio: l’umanità rifiuta di accettare ciò che sta accadendo, lo considera assurdo, si aggrappa disperatamente al ricordo della propria normalità.“Dawn Of The Dead” è considerato, a pieno merito, uno dei capolavori horror della storia del cinema, e forse il più bello tra gli horror contemporanei: dopo lo stupefacente esordio con “Night Of The Living Dead”, vero spartiacque nella scena orrorifica, Romero realizzò un film ancora più potente, esaltante, dai sottotesti forti e variegati ma soprattutto, capostipite di un genere, lo zombie-movie (seppur già nato col film precedente), che ha visto negli anni innumerevoli imitazioni, nessuna delle quali è mai ovviamente riuscita ad arrivare ai vertici non solo di questa pellicola, ma dell’ intera trilogia. George A. Romero ha legato il suo nome ai morti viventi, sia in positivo che, talvolta, in negativo, poiché non si affrancherà mai dai suoi cadaveri antropofagi: ma i suoi zombies, sono quelli veri, che resteranno per sempre nel nostro immaginario col loro passo lento e la loro fame insaziabile. Lunga vita al Maestro dunque, e ai suoi Morti divoratori di vita.

Chiara Pani, Horror.it