LA CONTEMPORANEITÀ DEI CLASSICI. IL CINEMA ITALIANO IN LAGUNA di Elena Lazzarini - Cineclub Arsenale APS

LA CONTEMPORANEITÀ DEI CLASSICI. IL CINEMA ITALIANO IN LAGUNA DI ELENA LAZZARINI

Tre film italiani e tre diversi “adattamenti”. I film sono Martin Eden di Pietro Marcello (Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile, assegnata a Luca Marinelli), Il sindaco del Rione Sanità di Mario Martone e La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco (Premio Speciale della Giuria). Queste tre opere, in programma ora nella sezione “Dalla Laguna al Lungarno 2019”, mostrano tre modi divergenti di adattare un film ad un testo preesistente. Martin Eden trasforma il testo letterario e autobiografico di Jack London in una storia senza tempo, assoluta e archetipica. Ambientata non più nella California originale del romanzo, ma in una Napoli altrettanto emblematica, la storia del protagonista attraversa il ‘900 seguendo i fili di una configurazione onirica del XX secolo piuttosto che quelli della coerenza cronologica. Intorno a questi due punti di riferimento - Napoli e il Novecento - il film restituisce le contraddizioni del rapporto tra individuo e società, tra politica e cultura di massa, tra ideologia e lotta di classe; racconta la storia di uomini e donne che credono nell'educazione come strumento di emancipazione, ma che ne saranno in qualche modo delusi. Andando oltre questa prima lettura, Martin Eden dipinge anche il ritratto, assolutamente contemporaneo, di un artista che, divorato dalla macchina del successo, perde il senso di sé e della propria arte. Il sindaco del rione Sanità costituisce invece l’adattamento integrale della pièce di Eduardo De Filippo. Ma anche in questo caso l’adattamento si cala nella carne viva della contemporaneità divenendo simbolo dell'eterna lotta tra il bene e il male. Martone affida ad un attore di trentotto anni uno dei ruoli più mitici di Eduardo - il "sindaco" Antonio Barracano - che da copione di anni ne prevedrebbe settantacinque e dichiara che “un così deciso spostamento d'età del protagonista, consente di mettere il testo alla prova della contemporaneità (oggi i boss sono giovanissimi) e di leggerlo come nuovo”. Nel film svaniscono infatti le illusioni del vecchio Barracano che ancora consentivano, nel testo eduardiano, di tracciare dei confini morali: qui affiora invece un'umanità feroce, ambigua e dolente, dove il bene e il male si confrontano in ogni personaggio, dove le due città di cui sempre si parla a Napoli (la legalitaria e la criminale) si scontrano in una partita senza vincitori. Manipolando materiale decisamente diverso, Franco Maresco nel 2017, a venticinque anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, decide di realizzare un nuovo film sulla mafia. Per farlo, trova impulso in un suo recente lavoro dedicato a Letizia Battaglia, la fotografa ottantenne che con i suoi scatti ha raccontato le guerre di mafia. In questo film surreale in cui i personaggi assumono le sembianze di grottesche silhouettes, Maresco affianca alla Battaglia una figura proveniente dall’altra parte della barricata: Ciccio Mira, già protagonista nel 2014 di Belluscone. Una storia siciliana. Mitico organizzatore di feste di piazza, nei pochi anni che separano i due film Mira sembra cambiato, forse cerca un riscatto, come uomo e come manager, al punto da organizzare un singolare evento allo Zen di Palermo, “I neomelodici per Falcone e Borsellino”. Eppure le sue parole tradiscono ancora una certa nostalgia per “la mafia di una volta”. Intanto, visitando le celebrazioni dei martiri dell’antimafia, il disincanto di Maresco si confronta con la passione di Battaglia.

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