Audition - Cineclub Arsenale APS

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AUDITION

di Takashi Miike

Durata: 111'
Luogo, Anno: Giappone/Corea del sud, 1999
Cast: Ryo Ishibashi, Eihi Shiina, Tetsu Sawaki, Jun Kunimura, Miyuki Matsuda


Sinossi

Sette anni dopo essere rimasto vedovo, il produttore televisivo Shigeharu Aoyama decide di cercare nuovamente moglie, specie dopo l'insistenza del figlio adolescente Shigeiko. Un'occasione la fornisce l'amico e collega Yoshigawa, che gli propone di indire una finta audizione per cercare nuove attrici per un film che non si realizzerà mai. Un mero pretesto per valutare un po' di candidate come compagna ideale. Aoyama la individua nella giovane Asami, timida e riservata. Anche quando le informazioni del suo curriculum si rivelano totalmente false, Aoyama non rinuncia all'idea di frequentarla pur di conoscerla meglio.


Critica

Uscito nel 1999, quando il nome di Takashi Miike non è ancora divenuto sinonimo di culto per nerd cinefili e amanti delle forme estreme di genere, Audition è il film che rivela al mondo occidentale il talento del prolifico regista giapponese. Pur rappresentando per molti versi un oggetto a sé nella smisurata filmografia di Miike, Audition rimane fondamentale per comprendere il senso del suo cinema e l'evoluzione del cosiddetto J-Horror, che prende forma in quegli anni partendo principalmente dagli spunti di Miike, Hideo Nakata e Kiyoshi Kurosawa. Se in genere Miike è solito sconvolgere da subito e mettere in chiaro che con lui lo spettatore intraprenderà un viaggio condotto da regole estreme e spesso surreali, il primo segmento di Audition ha l'ingannevole aspetto - e le musiche di Koji Endo assecondano abilmente l'atmosfera - di un mélo nipponico convenzionale, su un padre che si strugge nel ricordo della moglie, un figlio che lo spinge ad aprire un nuovo capitolo nella sua vita e un contesto generale che sfugge alla sua comprensione. Le situazioni in cui incappa Aoyama evocano la medesima riflessione ricorrente sulla solitudine e sull'infelicità che accomunano diverse generazioni del Giappone. Uno stato di perenne malinconia che alcuni sfogano in un concerto punk e altri nella pornografia. Aoyama sceglierà un dispositivo più socialmente accettabile ma non meno ipocrita: quello di una pantomima di audizione, inscenata per scegliere una potenziale compagna, molto più giovane di lui, remissiva e avvenente. Ossia la perfetta incarnazione del ruolo della donna come inteso e voluto da una società neo-confuciana, che Asami finge di interpretare in una sorta di provino nel provino, indossando un bianco virginale e i panni dimessi della ragazza sola e indifesa. L'ultimo segmento rivelerà la realtà celata sotto la percezione, ma nonostante la deriva thriller e grandguignolesca Miike sembra mettere in scena, in forma estrema, una dualità uomo-donna dai contorni sadomasochistici, costruita sull'inevitabilità della menzogna reciproca. I ruoli di dominante e dominato, attivo e passivo, possono ribaltarsi, ma né l'elemento mascolino né il femminino sono esenti da colpe.

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