Bardo, la Cronaca falsa di alcune Verità - Cineclub Arsenale APS

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BARDO, LA CRONACA FALSA DI ALCUNE VERITà

di Alejandro González Iñárritu

Durata: 159'
Luogo, Anno: Messico, 2022
Cast: Daniel Gimenez Cacho e Griselda Siciliani


Sinossi

Bardo, film diretto dal pluripremiato Alejandro G. Iñárritu, racconta un viaggio personale, quello compiuto da Silverio, un noto giornalista messicano, nonché documentarista. L'uomo, tornato nella sua terra natìa, attraversa un momento di crisi esistenziale, durante il quale non si riconosce, mette in dubbio ogni cosa dall'identità ai legami familiari ed è tormentato dai suoi ricordi e dal passato del suo paese. È proprio nel passato che cerca di trovare le risposte per riconciliare il suo presente. Tra emozioni e abbondanti risate, Silverio lotta per trovare risposte a domande universali eppure intime, riguardanti la propria identità, il successo, la fragilità della vita, la storia del Messico e i profondi legami sentimentali che condivide con la moglie e i figli. In breve, cosa significa essere umani in questi tempi molto particolari.


Critica

La storia ruota intorno a Silverio, un giornalista messicano che ha lasciato il suo Paese per vivere negli Stati Uniti. Mentre si appresta a ricevere un prestigioso riconoscimento per il suo lavoro, l’uomo si trova a mettere in discussione se stesso, le sue scelte, la sua vita, lo sradicamento a cui ha costretto famiglia e figli, ma anche la politica del suo Messico, un luogo tanto amato solo quando lo si guarda da lontano, dal punto di vista di un “emigrato di lusso”, nell’agio della propria vita borghese negli Stati Uniti. Inarritu confeziona un film onirico, un flusso di coscienza che ricorda per la sua struttura così ondivaga 8 1/2 di Fellini (suo nume tutelare), ma che è anche diverso da qualsiasi cosa sia mai stata fatta. Materico anche nella rappresentazione del sogno, il regista premio Oscar dà corpo e sostanza alle rievocazioni storiche, ai pensieri più astratti, agli incubi e alle paure, ma anche ai suoi traumi personali che diventano i traumi di Silverio stesso. Nomade nella sua stessa coscienza, il protagonista non sembra trovare pace alcuna se non nella resa alla vita, con un sorriso amaro ma anche compiaciuto verso chi lo ha amato in vita. Il Bardo è la parola buddista che indica il Limbo cattolico, un lungo senza speranza dunque, dove i sogni nascono e muoiono e in cui evidentemente il regista si sente impantanato. Seppure non in forma letterale, il film è una autobiografia immaginaria, una “auto-fiction” nelle parole del regista stesso, che torna a ragionare sull’ego e sullo slancio creativo, come accadeva in Birdman, ma che questa volta si arricchisce di un senso di appartenenza alla terra e al Paese che fino a questo momento non era mai trapelato dalle sue opere, nemmeno dalle prime elogiate prove di regia come Amores Perros. Inarritu torna fisicamente in Messico, ma lo fa anche con la mente e con il cuore, confezionando un film denso, lungo, che non poteva lasciare nulla sul pavimento del montaggio perché ogni evoluzione compone il ritratto di sé che lui voleva esporre al pubblico.

Chiara Guida, Cinefilos