Critica
Non è sempre facile dimostrarsi tolleranti e democratici. E non c’è bisogno di essere crudeli razzisti per imbestialirsi vedendo un extracomunitario che vende calzini a prezzi record davanti al proprio negozio di calzini, antico e lussuoso, ma anche terribilmente vuoto. La convivenza, certe volte, diventa complicata e forse non è poi così pazzesco immaginare che la questione dell’immigrazione potrebbe svanire come per incanto rimettendo le cose al proprio posto: «Se ognuno di noi riportasse a casa un migrante, il problema sarebbe risolto».
Da questo assunto, sospeso «tra lucida realtà e lucida follia», prende le mosse Contromano, il nuovo film in cui Antonio Albanese, regista, interprete e sceneggiatore (con Andrea Salerno, Stefano Bises e Marco D’Ambrosio) affronta il tema cruciale dei nostri giorni: «Volevo raccontare le contraddizioni e le paure contemporanee attraverso la storia di un doppio viaggio, dall’Italia al Senegal, ma anche nei sentimenti di persone differenti che vedono, giustamente, la realtà da punti di osservazione opposti».
C’era il pericolo della retorica e anche quello di usare comicità e ironia parlando di un argomento dai forti risvolti drammatici. Se Albanese supera la prova è perché sceglie la chiave intimista. In fondo, sia il protagonista Mario Cavallaro, puntuale, pignolo e solitario, che l’immigrato Oba (Alex Fondja) costretto ad arrangiarsi in un Paese straniero, sono malati della stessa solitudine: «Per Mario l’avventura assurda di riportare in Senegal Oba e sua sorella Dalida è l’occasione per capire che quelle persone sono esseri umani, esattamente come lui».
Gente che, oltre al bisogno di sopravvivere, coltiva sogni, speranze, affetti: «Oba, Mario e Dalida sono tre maschere contemporanee, nel loro continuo rapportarsi c’è la realtà di oggi, di cui tutti facciamo parte». E c’è anche un’ipotesi di soluzione: «Credo nella possibilità di sostenere gli extra-comunitari aiutandoli a star meglio nelle loro terre. Mi aveva colpito un progetto di Slow Food: creando 10 mila orti nei villaggi africani si potrebbe dare da mangiare a 40 mila persone. Un ettaro di terra, insieme alle spiegazioni per metterlo a frutto nel modo migliore, potrebbero servire a raggiungere dei risultati. Dobbiamo imparare ad accettare il nuovo mondo in cui viviamo e l’unico modo per farlo è attraverso il dialogo e lo scambio».
Dopo il gran successo di Come un gatto in tangenziale («Una cosa bellissima che non mi aspettavo, lo hanno visto un milione e 400 mila persone, mi verrebbe voglia di abbracciarle una a una»), Albanese si rimette alla prova come regista: «Ho aspettato un po’ di tempo per tornare dietro la macchina da presa, volevo imparare più cose tecniche, e comunque girando Contromano ho capito che la regia mi piace come la recitazione».
Fulvia Caprara. lastampa.it