E tu come stai? - Cineclub Arsenale APS

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E TU COME STAI?

di Filippo Maria Gori e Lorenzo Enrico Gori

Durata: 100'
Luogo, Anno: Italia, 2022
Cast:


Sinossi

La mattina del 9 luglio 2021, con una comunicazione via mail, i proprietari della Gkn Driveline di Firenze annunciano senza preavviso la chiusura della produzione. In un colpo solo, l’azienda licenzia in blocco tutti i 422 operai, dopo aver concesso una giornata di permesso collettivo. È un fulmine a ciel sereno. Nel giro di pochi minuti, i lavoratori accorrono allo stabilimento di via Fratelli Cervi a Campi Bisenzio, alle porte di Firenze, insieme ai dipendenti delle ditte d’appalto. Gli operai riescono a entrare nella fabbrica e danno avvio a un’assemblea permanente.


Critica

La visione di questo film richiede che ci si liberi da due possibili considerazioni pregiudiziali. La prima potrebbe essere che, avendo il Festival dei Popoli la propria sede a Firenze, il lavoro di Filippo Maria e Lorenzo Enrico Gori sia interessante ma legato essenzialmente ad una situazione locale. La seconda, ampiamente diffusa, è che gli operai (o la loro 'classe') non esistano più. Quest'opera pregevole è pronta a smentire entrambe le supposizioni. A partire dal titolo. Che non è quello di una canzone di Claudio Baglioni su un amore finito ma il quesito che siamo di fatto tutti chiamati a porci quando ci troviamo di fronte a situazioni del genere che non ledono solo i sacrosanti diritti di coloro che ne sono direttamente coinvolti ma ci impongono di chiederci come stia la nostra società e quindi, in definitiva, come stiamo noi. Perché questa, tornando a quanto sopra, non è una vicenda 'fiorentina' e coloro che vengono seguiti sin dall'inizio della mobilitazione sono quegli 'operai' che a qualcuno farebbe comodo poter pensare ormai privi di qualsiasi forza contrattuale e di lotta e quindi destinati a soccombere. La parola magica e ipocrita che dovrebbe metterli a tacere è 'delocalizzazione'. Cioè chiudere l'attività in una nazione non perché si è in crisi o, peggio, in fallimento ma molto semplicemente perché si può spostare l'attività produttiva in Paesi in cui la manodopera è ancora più priva di diritti e quindi a basso costo ed alta resa. Quella che il documentario ci mostra, con un'assolutamente pregevole presa sulla realtà quotidiana, è la resistenza che i dipendenti (e con loro una parte della città) oppongono a quello che è un vero e proprio sopruso. Il termine resistenza è appropriato perché il motto che la mobilitazione ha assunto è quello che fu proprio della città nella lotta al nazifascismo. "Insorgiamo". Perché anche quando sembra che una soluzione stia per giungere, con un cambio di proprietà, i problemi non si risolvono e la vigilanza deve continuare ad essere molto alta. La possibilità di sintesi ragionata che offre la durata di questa opera rispetto alla brevità di un servizio televisivo mette chi lo guarda di essere in condizione di seguire con consapevolezza gli sviluppi della vertenza. Una volta terminata la visione digitate sul web scoprirete che, purtroppo, la vicenda continua.

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