Gattaca - La porta dell'universo - Cineclub Arsenale APS

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GATTACA - LA PORTA DELL'UNIVERSO

di Andrew Niccol

Durata: 108'
Luogo, Anno: USA, 1997
Cast: Ethan Hawke, Uma Thurman, Jude Law, Alan Arkin, Gore Vidal, Ernest Borgnine


Sinossi

In un futuro prossimo e ipotetico, la suddivisione in classi della società è rigidamente basata sul codice genetico. Solo i Validi, concepiti in laboratorio e "scelti" dai propri genitori, possono avere accesso ai ruoli più in vista, dove i Non-validi, nati dall'amore, sono destinati ai lavori più umili. Vincent, non-Valido, sogna di diventare astronauta e pur di realizzare il proprio sogno finge di essere Valido, utilizzando DNA altrui. Quando uno degli istruttori del Gattaca Center viene assassinato, la polizia sospetta che un Non-valido si nasconda sotto mentite spoglie.


Critica

Grazie alla sceneggiatura di The Truman Show, Andrew Niccol è già un nome chiacchierato e atteso quando giunge al debutto alla regia con Gattaca. Un film significativo sotto diversi aspetti, destinato a introdurre temi ed estetiche nuove: prevedibilmente la scrittura è l'elemento che funziona meglio, mentre la traduzione di questa in immagini non sempre riesce ad attivare la sospensione dell'incredulità. La natura rigida e asettica di una società basata sull'eugenetica, si rispecchia in una messa in scena altrettanto "ingessata", con un'aula kafkiana a schiacciare le velleità di chi è nato dall'amore. Gattaca ha dalla sua il coraggio di ideare nei minimi dettagli un universo, che esaspera mali già presenti in nuce in quello conosciuto, e un'estetica che lo supporti e lo renda palese. Ancora una volta, dopo Truman, lavora su una distopia originale, che non ricorre a spettacolarizzazioni, ma riflette su scenari futuri e verosimili, in cui il progresso tecnologico e la spregiudicatezza del potere possano calpestare le difese dell'etica. Ethan Hawke, con il suo aspetto da bravo ragazzo americano, incarna perfettamente l'umanità di chi è bello fino a poter ingannare Gattaca, ma mantiene quei difetti che lo rendono umano. Sul piano narrativo, tuttavia, abbondano le incongruenze e i "vorrei ma non posso" di un budget che segue a stento i voli pindarici del regista neozelandese. Ideale come case study sci-fi, a metà strada tra il passato di Ai confini della realtà e il futuro di Black Mirror.

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