Critica
L'asso di picche impone a livello internazionale non solamente un autore, ma anche una cinematografia, funzionando come 'locomotiva' per tutte le opere della nová vlna. Il film è invitato al New York Film Festival e Forman ha così l'opportunità di visitare per la prima volta gli Stati Uniti. Catechizzato da solerti funzionari sui pericoli che correrà nell'immondezzaio dell'occidente, il regista è molto cauto nei rapporti interpersonali (in particolare con le donne, certamente incaricate dalla CIA di sedurlo per fargli tradire il Socialismo); così passa molto del suo tempo chiuso in una stanza d'albergo, e soltanto negli ultimi giorni comincia ad apprezzare la città di New York, alla quale dà l'addio con una sbornia solenne presa - finalmente - in compagnia delle due deliziose accompagnatrici che l'organizzazione del festival gli ha assegnato.
Tornato a Praga, un incontro casuale gli fornisce lo spunto per il suo secondo lungometraggio. Rientrando a casa di notte, si imbatte in una ragazza che vaga per le strade trascinando a fatica una valigia. Incuriosito, il regista la avvicina e intavola una specie di conversazione. Viene così a conoscenza di una storia piccola e banale, cioè interessante e vera. La ragazza, che abita in una cittadina di provincia, ha avuto una love story con uno studente capitato là con una comitiva. Questi se ne è poi andato, lasciandole un indirizzo di Praga. Ma, ora che la ragazza è venuta a cercarlo, ha scoperto che nessuno che risponda a quel nome risiede al recapito in suo possesso, evidentemente falso. Così si sta dirigendo mestamente alla stazione, dove alla cinque del mattino parte il treno che la riporterà a casa. Forman, mosso a compassione, accompagna la ragazza alla ferrovia. Viene in tal modo a conoscenza di altri particolari. La cittadina, Varnsdorf, è un centro tessile ai confini con la Germania, spopolatosi durante le epurazioni degli abitanti di lingua tedesca, dove le donne sono in netta maggioranza rispetto agli uomini. In seguito Forman conosce un'altra ragazza della stessa cittadina, letteralmente fuggita di là perché - dice - solo così potrà trovare marito. Al paese, infatti, non ci sono neppure i militari che, evidentemente per ragioni strategiche, sono stati trasferiti altrove.
Forman e i suoi fedelissimi, i soliti Papousek e Passer, si mettono subito al lavoro su questa storia. Il secondo lungometraggio del regista non nasce così da una novella, come L'asso di picche, ma da una reale, piccola tragedia individuale con un suo preciso background.
Paolo Vecchi, Miloš Forman, Il Castoro/La Nuova Italia, Firenze, 1981