Il grande Lebowski - Cineclub Arsenale APS

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IL GRANDE LEBOWSKI

di Joel Coen

Durata: 117'
Luogo, Anno: USA/Gran Bretagna, 1997
Cast: Jeff Bridges, John Goodman, Julianne Moore, Steve Buscemi, David Huddleston, Philip Seymour Hoffman, Ben Gazzara, John Turturro, Sam Elliott,


Sinossi

Los Angeles, 1991: Jeffrey Lebowski detto Drugo è un fannullone che vivacchia senza troppi problemi tra una partita di bowling con gli amici Walter e Donny, una fumata di marijuana e grandi quantità di White Russian.

La sua vita disimpegnata è improvvisamente sconvolta dalla visita di due picchiatori, che solo in seguito all'aggressione capiscono di aver sbagliato obiettivo a causa di un'omonimia col sig. Lebowski, un ricco magnate. Prima di togliere il disturbo, i due aggressori non mancano di urinare sul tappeto di Drugo e di affogargli la faccia nel water.

Questi, convinto dal suo amico Walter, decide di farselo risarcire dal suo facoltoso omonimo: viene così coinvolto in un'intricata serie di vicende che lo invischiano, suo malgrado, in rapimenti e riscatti, in compagnia di artisti pazzoidi e giocatori di bowling che si credono delle divinità .


Critica

Se si vuole assistere a una summa del cinema dei Coen non si può perdere Il grande Lebowski. Quando si dice 'cinema dei Coen' si intende Cinema tout court (la maiuscola non è un errore di battitura). Perché solo loro possono condensare in meno di due ore citazioni, riferimenti a generi, surrealismo e analisi della realtà senza un briciolo di quella supponenza cinefila che spesso caratterizza le opere di chi vuole dimostrarci di 'sapere tutto' sulla Settima arte.
Le vicende in cui Dude (soprannome che significa 'tipo/tizio' e, a differenza del maldestro 'drugo' attribuitogli dalla versione italiana, non ha alcun ammiccamento al kubrickiano Arancia meccanica) viene coinvolto rotolano via come la palla di rovi che apre il film o come quella da bowling (con la spettacolare soggettiva) con la leggerezza che è propria di chi sa scrivere e poi controllare e rendere visivamente caleidoscopica una sceneggiatura cinematografica. Quelle televisive dell'epoca non debbono piacere molto ai due fratelli se sadicamente chiudono in un polmone d'acciaio l'autore degli script di una serie amata da Walter.
Tra Volkswagen che pedinano, artiste che si esprimono nude, nichilisti, danzatori sovrappeso e audiocassette con il canto delle balene i Coen non dimenticano di affondare la lama della loro ironia nella società che li circonda. George Bush padre e la prima guerra con l'Iraq, il ricordo del Vietnam che ossessiona Walter, l'ebraismo, le fondazioni umanitarie sfruttate da persone senza scrupoli entrano a far parte di una storia che omaggia Il grande sonno di Chandler/Hawks ma è innervata da un'originalità inventiva che non è mai fine a se stessa e sa essere irriverente (vedi lo spargimento delle ceneri) senza perdere il senso della misura

Giancarlo Zappol, mymovies.it