Il mago di Oz - 3D - Cineclub Arsenale APS

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IL MAGO DI OZ - 3D

di Victor Fleming

Durata: 101'
Luogo, Anno: USA, 1939
Cast: Judy Garland, Frank Morgan, Ray Bolger
Copia restaurata da Cineteca di Bologna


Sinossi

In una fattoria del Kansas dove vive con gli zii, la piccola Dorothy è in pena per il suo cagnetto Toto. Durante un tornado viene trasporta "al di là dell'arcobaleno", nel fantastico paese di Oz, da lei sognato, dove incontra uno spaventapasseri che non ha cervello, un uomo di latta che non ha cuore, un leone che non ha coraggio e un mago che non è quello che sembra. Una buona strega la protegge da una strega perfida. Tutti assomigliano alle persone che conosce.


Critica

Una grande produzione hollywoodiana allestita dalla Metro Goldwyn Mayer che, nei centotrentasei giorni di travagliate riprese, ingaggiò un numero straordinario di scenografi, costumisti, attori e comparse. Si avvicendarono undici sceneggiatori e quattro registi: Andrè de Toth e George Cukor lavorarono pochi giorni, Fleming quattro mesi, King Vidor girò le scene in Kansas. Oggi, l'avventura di Dorothy è conosciuta in tutto il mondo ed è un film entrato a far parte dell'immaginario collettivo. Restano nella memoria di più generazioni le note di Over the Rainbow cantata da Judy Garland, gli effetti speciali di A. Arnold Gillespie, i paesaggi, la musica e i costumi della terra di Oz, che uno sfavillante Technicolor contribuì a rendere ancora più magica. Tra le varie interpretazione della fiaba di Baum, cí'è una suggestiva teoria dell'educatore e storico americano Henry Littlefield (1933-2000), il quale ipotizzò che il libro fosse in realtà un'allegoria della situazione politica in America alla fine del 1800, periodo in cui, per affrontare una grave crisi economica, si pensò di affiancare la coniazione dell'argento all'allora valuta corrente (il Golden Standard). Da qui la Yellow Brick Road (strada di mattoni gialli) e le silver slippers (pantofole d'argento) di Dorothy, trasformate in scarpette rosse solo nella versione di Fleming. Di sicuro questi riferimenti non si trovano nel film del '39 dove la morale hollywoodiana punta da un lato a contrapporre la determinazione dei bambini all'inadeguatezza degli adulti, dall'altro alla scoperta da parte della piccola protagonista che, anche se la vita quotidiana nel grigio Kansas le appare ostile, in fondo nessun posto è bello come casa. Due Oscar, nel 1940, per la Miglior Canzone e per la Miglior Colonna Sonora.

Daniel Paone, mediacritica.it